MIRKO CONFALONIERA


Replying to LA FRECCIA DEL SUD

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  1. Posted 1/5/2017, 17:16
    E646192Imera823

    0 - Viaggiare da solo verso terre lontane e da esplorare non mi farà mai paura. La routine e la quotidianità mi fanno molta più paura... Viaggiare è, e sempre sarà, la massima espressione di Libertà dell'agire umano.... ROAD TO SICILY. Palermo, Marsala, Agrigento, Siracusa, Catania...

    1 - C'è sempre una prima volta per tutto. E quella prima volta resta sempre dentro di te. Galleggiante. Proprio come un'isola in mezzo al mare...
    La prima volta che sono stato in Sicilia è stato nell'estate del 1998, la bellezza di 19 anni fa. Avevo da pochi mesi pubblicato il mio primo romanzo, “Trilogia del Fiume”, con una casa editrice di Catania (la neonata “Gruppo Edicom”); la quale, dopo avermi fatto firmare il contratto in una sede distaccata di Rho, mi aveva invitato alla Fiera del Libro di Catania, che si sarebbe tenuta nel mese di giugno di quell'anno.
    Partii solo, come oggi, ma all'epoca - visto che sono stato un paraculato figlio di ferroviere – avevo il lusso e la fortuna di non pagare biglietti ferroviari; per cui, il mezzo più economico, anche se lentissimo, per andare alla conquista della Sicilia, era il treno, ovvero la mitica “Freccia del Sud” Milano-Siracusa. Qualcosa come 20 ore di viaggio o giù di lì. Ma la “Freccia del Sud” ha fatto la Storia dei viaggi in treno, soprattutto per tutti quelli che, a partire dal secondo dopoguerra, caricavano sui vecchi vagoni di una volta valige e speranze, lasciando la Sicilia per trovare fortuna e lavoro nel grande Nord. Da vedere il bellissimo film “Italiani” del 1996 diretto da Maurizio Ponzi, principalmente ambientato a bordo della storica “Freccia del Sud”. E comunque a ventitré anni ero sprezzante di ogni pericolo – in realtà ero solo molto più incosciente di adesso – per cui: zaino in spalla e cuccetta Milano-Catania prenotata e partii.
    Fu un viaggio interminabile, ma ugualmente affascinante. All'epoca non c'erano telefoni cellulari, internet o tablet con cui passare il tempo; si scambiavano più chiacchiere e convenevoli con i compagni di scompartimento e si osservava e gustava di più il paesaggio italico, attraversato lentamente da nord a sud (niente Alta Velocità, niente Frecce Rosse o voli aerei low-cost). Mi addormentai poco prima di Roma, neanche metà percorso. Di ore ce ne volevano ancora più del doppio, ma il sonno avrebbe aiutato a farle passare più velocemente. Non mi ricordo che ore fossero quando mi svegliai la mattina dopo. Era presto, fuori albeggiava, e l'incessante TUM-TUM-TUM ritmico delle ruote del treno sui binari mi aveva accompagnato dolcemente tutta notte. Saltai giù dalla branda e cercai di uscire in corridoio per capire a che punto eravamo.
    Fu allora che la vidi per la prima volta. Al di là del mare, un'isola galleggiante dalle mille luci si parò davanti ai miei esterrefatti occhi. Era come osservare una terra che lentamente emergeva dalle acque del Tirreno e che tutto d'un tratto mi ipnotizzò per minuti e minuti interi. I primi timidi raggi di sole alle spalle fotografarono la Sicilia in mezzo al mare, ammirata ed estasiata da un treno che correva impazzito sul lungomare calabro nei pressi di Villa San Giovanni….
    Fu un attimo, un istante, una frazione di secondo…
    Dicono che ci vogliono sette secondi per innamorarsi di una donna…
    A me per innamorarmi della Sicilia bastò quel preciso e unico istante…..
    Oggi la Sicilia l'ho rivista dall'alto. Dal finestrino dell'aereo Ryanair Bergamo-Cinisi: dopo qualche minuto di grigio nuvola, si è delineato lo spettacolare scenario di Punta Raisi, illuminata da mille lucine che baluginavano come stelle della notte. Sono rimasto ad osservarle teneramente impietrito da quello spettacolare scenario, finché le luci non sono diventate grandi e la terra improvvisamente si è fatta vicina, quasi come per toccarla. Anche troppo... Il brusco scossone dell'atterraggio mi ha riportato di colpo al tempo presente, cancellando il ricordo di quella prima volta di tanti anni fa…
    All'aeroporto di Palermo mi hanno consigliato di evitare di prendere il taxi per raggiungere la città (che dista 30 km), in luogo, invece, dell'ottimo servizio di Taxi Sharing, o Taxi condiviso. Uscendo nel piazzale antistante, subito sulla destra, c'è il punto di fermata dove ogni tot minuti arriva un pulmino da nove che alla modica cifra di sole 7 euro porta tutti i passeggeri nei vari punti di Palermo.
    Percorriamo in fretta la veloce A29 gratuita che penetra nel capoluogo siciliano nei pressi dello Stadio “Barbera”. Dopo un paio di tappe, arriviamo a Politeama, una gigantesca piazza dove sorge l'omonimo Teatro. Scendiamo in tre. Il tassista, molto gentilmente, mi dà le indicazioni per raggiungere via Ameri, dove sorge il mio B&B. Sono quasi le dieci e trenta di sera, ho pochissimo tempo per i sollazzi, così subito dopo aver mollato giù armi e bagagli, mi butto alla scoperta del sabato sera palermitano.
    Anticiperò subito che Palermo mi ha meravigliosamente sorpreso. Anzi, di più. Mi ha completamente spiazzato. E pensare che l'inizio è stato un po' disarmante. Percorro molto a fatica la trafficatissima (sia di auto che di pedoni) via R. Settimo, avanzando lentamente fra smog, clacsonate isteriche e una folla immensa di persone che si dirige verso il cuore pulsante della città. Ma subito dopo Piazza Verdi inizia l'area pedonale, il Centro si trasforma e ancora di più quando via Settimo diventa via Maqueda, che timidamente inizia a trasportarmi fra le prime bellezze architettoniche (Palazzo e Fontana Pretoria, Chiesa di San Cataldo, ecc.) meritevoli di foto. La lunga direttrice si perde verso piazza Giulio Cesare (dove c'è la stazione ferroviaria), attraverso tipiche rosticcerie e negozi di alimentari di ogni etnia, a perfetto biglietto da visita che Palermo è una città molto cosmopolita e, inaspettatamente, molto alternativa.
    Rientro da Via Roma, la direttrice parallela, che in questo fine settimana, come in altre città italiane, ospita i tre giorni della manifestazione “Street Food Fest”: bancarelle di cibo, birra in quantità, spettacoli canori su palchi allestiti, e un oceano di folle che ingorgano letteralmente il flusso pedonale.
    Fin qui tutto bene, per carità. La gente è cordiale, socievole, al primo impatto sembra molto alla buona, ragazzi e ragazze sfoggiano look molto anticonvenzionali, e numerose scritte sui muri e atmosfere collocano senza dubbio Palermo su un piano multiculturale, multietnico, sicuramente alternativo, ma tutt'altro che radical-chic. Però, forse, quasi quasi, mi aspettavo di più…. Pensieri maliziosi iniziano a tiranneggiare nella mia testa, scavando fra le aspettative, cercando il classico pelo nell'uovo che... Forse, Catania vent'anni fa era stata al primo impatto tutt'altra cosa… Forse, oggi, Palermo e la Sicilia, non è quello che mi aspettavo, immaginavo, volevo...
    Forse di qua, forse di là…
    Poi, improvvisamente, una scalinata e un veloce dedalo di viuzze mi catapultano magicamente nella Vucciria, il celebre rione del mercato storico di Palermo. E allora eccola, la Palermo che stavo cercando! Eccole le atmosfere siciliane tanto decantate e lette altrove, che finalmente mi appaiono davanti agli occhi. Locali, pub, baretti e baracci, uno dietro all'altro, musica dal vivo, casse messe fuori che sparano di ogni, da Caterina Caselli in versione rock'n'roll ai classici dello Ska anni '70, ragazze che ballano al ritmo di suoni magici, bancarelle che offrono panini e vettovaglie arrostite di ogni genere, boccali di birra che brindano, shottini di amari che vanno giù come acqua di fontana, una donna che balla sul balcone al ritmo di techno, pizzicate di chitarre e di bassi, stecche che picchiano le casse di una batteria, voci che cantano e si mescolano l'una con le altre in un gigantesco coro che vibra e che non cessa mai un attimo di essere. Sembra di essere a Lisbona, nel quartiere Barrio Alto, dove ci sono un locale attaccato all'altro, che offrono di sera ogni tipo di music-live e dj-set.
    Eccola, finalmente!
    Ecco la Palermo che fa breccia nel mio animo misantropo, esploratore e viaggiatore solitario.
    Entro nel Bar Maggiore, e il feeling è immediato: subito inserito di diritto nella mia Top List di Baracci sparsi in dal Marocco alla Russia. Sembra una azzeccata via di mezzo fra il bar dell'Oste di Castelletto Po e il Bar Italia di Pavia, per chi li conosce entrambi :-) . Mi bevo un 'amaro Averna, una bella ragazza mi sorride, un ragazzo mi offre una sigaretta, mi sposto fuori e resto un po' ad ascoltare la musica incessante, smarrendomi lentamente in questo vibrante sabato notte palermitano. Sono a quasi a 1000 km a sud di casa, ma finalmente tutti i pensieri, i problemi, le ansie, i rimpianti, i reclami, le preoccupazioni e annessi e connessi sono spariti e ripartiti altrove.
    E' sabato sera, sono in ferie, sono a Palermo, e ho tutta un'immensa e bellissima Terra da vedermi nei prossimi giorni. Senza fretta, senza paura, ma solo con qualche soldo in tasca, uno zaino sulle spalle e la voglia di andare.

    2 – La giornata di domenica trascorre veloce e divertente in città. Inizio la discesa da Borgo Vecchio verso il lungomare. Costeggio la zona del porto fino ai resti dell'antico Castello. Poi c'è “La Cala”, un lungomare ad arco che corrisponde al porto più antico del capoluogo. Bello e molto suggestivo, così come il successivo Foro Italico, una grande rigogliosa area verde che costeggia le antiche mura e le antiche porte del centro. Mi infilo in una di queste e mi addentro nel quartiere Kalsa, storico quartiere dal toponimo che deriva dall'arabo “al Khalisa”, che significa la pura o l'eletta. Risalgo le viette vecchie di Palermo fino alla direttrici di Via Roma o di Via Maqueda, ma voglio spingermi più oltre, verso la Cattedrale e il Palazzo dei Normanni, che sorgono un po' lontani. Scarpino molto, ma ne vale la fatica. I due capolavori architettonici, che sorgono nei pressi della verde e rigogliosa Piazza della Vittoria, sono gioielli da ammirare estasiati. Proseguo a piedi verso “Il Capo”, un altro degli antichi e ancora oggi caratteristici quartieri palermitani. Bello, ma molto turistico a mio avviso. Che è meno turistico, e molto più autentico, è il favoloso quartiere “Ballarò”, noto quartiere-mercato della città, probabilmente il più antico. Le strette viette sono caratterizzate da una moltitudine indefinibile di bancarelle che vendono di ogni prodotto della terra locale. Cammino a fatica, e la similitudine è senz'altro quella con una casbah marocchina. Ad un angolo, dopo aver superato la Chiesa del Carmine, una trattoria offre prelibati piatti di mare direttamente fritti e arrostiti in strada. Mi siedo e assaporo calamari ripieni e sarde beccafico alla palermitana… Altrochè lo “street food fest”: questo E' il vero mangiare per strada… Il tour a piedi, dopo “Il Capo”, mi riconduce lentamente verso il centro storico….
    Serata ancora alla Vucciria, a smarrirmi fra i locali e le viette di un quartiere vibrante e che sembra non abbia mai sonno. All'Antica Focacceria di San Francesco (storico locale nell'omonima piazza) assaggio il tradizionale “pani cu meusa” (milza di vitello soffritta, formaggio caciocavallo e ricotta), più un'arancina al ragù; e panelle e cazzilli. A un baraccio dei miei, invece, dove passo il tempo fra birre e amari Averna, conosco Davide, palermitano d.o.c., che mi racconta dei suoi difficili trascorsi lavorativi nel nord Italia, ma che poi alla fine, ha scelto di tornare a vivere nella sua terra natìa...

    3 - A Villa San Giovanni non c'ero mai stato. Ovviamente. Era l'estate del 1998 ed io ero poco più di un ragazzino che da solo affrontava per la prima volta il grande viaggio verso la Sicilia. Assistei quasi esterrefatto ai tanti vagoni della “Freccia del Sud” che venivano smembrati a poco a poco, e poi, magicamente, fatti scorrere e salire su una nave. Sì, proprio così. I binari non finivano nel vuoto di fronte al mare. Un gigantesco traghetto davanti a noi apriva la pancia e il treno si infilava dentro percorrendo binari che si agganciavano fra loro...
    Fantascienza? No, semplice routine per chi da anni ha viaggiato su questa linea nord-sud-nord…
    Una volta dentro il ferry-boat si può ancora oggi, tranquillamente, scendere dal vagone, uscire, risalire il gigante d'acciaio, e sbucare sul ponte superiore della nave, dove, riprendendo fiato, ammiri la grande Isola che si avvicinava lentamente a te… lentamente a te… lentamente a te……
    “Hai la birra in lattina? Ho solo tre euro!” domando, porgendo gli ultimi spiccioli sul bancone.
    “No, mi spiace, l'ho finita! -pausa fra assordanti chiacchierii di ragazzi e ragazze che affollano il locale- Vuoi assaggiare questa?”
    Il barista comincia a spillarmi una birra media ambrata.
    “Sì, lo vorrei, ma ho solo tre euro!” ribadisco.
    Casino, caos, locale imballato e fuori è ancora peggio. La piccola piazzetta dietro la cattedrale di Marsala è imballata come non mai. Musica dal vivo, lunedì sera pre-festivo, e voglia di baldoria che si respira a mille. E' la vigilia del 25 aprile 2017. Da quel primo viaggio in Sicilia sono passati diciannove lunghi anni.
    “Non ti preoccupare -mi rassicura il ragazzo dietro il bancone; riempie il boccale di ambrata birra e mi fa: - Sei da queste parti in vacanza?”
    Malnato accento nordico, lombardo, peggio di un passaporto...
    “Sì -rispondo- Sono in turnè per la Sicilia!”
    Mi porge la mia chiara media, ringrazio e esco fuori. Mi siedo al centro della piazzetta, proprio davanti al trio acustico che sta improvvisando una notte rock di quelle che non hanno proprio voglia di finire. Fortuna che domani è festa. Fortuna che ho una birra media in mano. Fortuna che ho trovato una sedia vuota in prima fila. Fortuna che c'è musica, baldoria, e tre ragazzi che cantano, ballano e fanno un casino dell'accidenti nel cuore di questa piccola cittadina della provincia di Trapani.
    Marsala.
    Città dello Sbarco.
    157 anni fa.
    Garibaldi, i Mille, le Camice Rosse e le utopie risorgimentali di allora.
    Io, molto meno eroicamente, ho raggiunto la cittadina più ad ovest di tutta la Sicilia a bordo di un comodo autobus da Palermo. Acchiappato alle undici di mattina dall'autostazione dei bus. Attraversiamo mezzo capoluogo siculo, prima di spiccare il volo su veloci tangenziali che costeggiano Punta Raisi e poi il Golfo di Castellammare. Dopo Alcamo inizia il vero viaggio, con un paesaggio lunare, brullo e molto spoglio. Mi ricorda tanto il paesaggio visto dai finestrini del bus fra Ankara e Tblisi di un anno e mezzo fa… Nel Nulla, alla ricerca del Tutto…
    Sonnecchio un po', scatto qualche foto al marziano panorama, ma d'un tratto siamo a Mazara del Vallo, mare Mediterraneo: il Sud del Sud... I 20 km di distanza con Marsala, in realtà, sono fittizi: le due località sono attaccate da una lunga serie di sobborghi.
    Marsala. Ore 13,30 di un lunedì pomeriggio caldo, umido, ventoso, ma ugualmente asfissiante. Un anno fa – più o meno – ero in Marocco; oggi sono in Sicilia; ma Marsala al primo impatto, chissà perché mi ricorda proprio Rabat, la capitale nord-africana.
    Appuntamento al B&B alle 15, per cui ho un'ora e mezza per girare a zonzo sul lungomare del porticciolo e imbattermi stremato dalla fame al Saviny, un ristorante “veloce”, come sussurra lo slogan affisso sulle vetrate esterne. Pubblicità veritiera. Ordino un'insalata di mare fresca e in men che non si dica mi viene servita. Passa il tempo, passano le ore 15:00, passa il check-in del B&B, e mi avventuro spavaldo alla conquista di Marsala.
    Centro storico, cattedrale, via principale, bastioni, vino Marsala “Florio” sorseggiata dal bar Di Gaetano, passeggiata sul lungomare di Capo Boeo, ecc…
    Poi, all'improvviso, l'atroce dubbio; ma forse oggi esplorare la Sicilia non è più come vent'anni fa? Quando con occhi da poco più che bamboccio capitavo nella grande città di Catania, capitale, per me, dell'isola che non c'è... Oggi tutto mi sembra così piccolo, e tutte quelle emozioni che provavo anni fa fanno davvero così tanta fatica a venir fuori?….
    Allora, davvero, era tutto molto più facile?…
    Perché ridursi così? Cosa è cambiato da allora a oggi? La Sicilia? Non credo. Io? Non penso… E allora eccomi, al pub Maggiore, al termine di una serata che sembrava morta come tante delle mie, a sorseggiare una birra, a ascoltare una band che strimpella cover di Mannarino, a ripensare che, passeranno gli anni, i momenti belli e brutti, le cose della vita, gli amici, le donne, le relazioni, e tante di quelle storie che non so raccontare…
    Eppure, alla fine, non sono sempre quelli di una volta? Non sono, forse, quel ragazzo di venti anni fa che con occhi spalancati dallo stupore vedeva una Sicilia vibrante, vivace, viva, davanti a quei trasognanti occhi?
    Ieri Palermo, oggi Marsala, domani Agrigento. Sono in viaggio da una vita, penso. E non c'è differenza fra il me stesso di oggi, forse apparentemente più malinconico, più disilluso e più triste, rispetto a quel ragazzino avventuroso che venti anni fa, a bordo della mitica “Freccia del Sud” conquistava per la prima volta la Grande Isola.
    No, non c'è, penso davanti alla birra che il gentile ragazzo mi ha ugualmente spillato al prezzo di tre euro al bancone del pub, e poi, in tarda notte, appena prima di rientrare al B&B, davanti a Zio Pino, che tiene un chioschetto dalle parti del Monumento dei Mille, che mi offre il panino con le panelle (sottilissime frittelle di farina di ceci) condite a sale e limone.
    Dentro, molto molto molto in fondo, sono sempre quello di tanti anni fa….
    E stanotte, qui dove sono, ne sono terribilmente e fieramente convinto.

    4 – Nel 1998 arrivai a Catania un pomeriggio di giugno con solo uno zainetto sulle spalle. Alla stazione ferroviaria ad attendermi c'erano Valentina e Federico, i figli di Salvo, il mio editore. Mi ricordo che fu una vacanza molte bella. Strana, per un ventitreenne come me, che fino ad allora le parole “estate”, “vacanza” e “viaggio” significavano solo ed esclusivamente Puglia.
    Alla Fiera del Libro lavoravo durante il giorno, presenziando allo stand della C.E. dentro l'immensa area fieristica del quartiere “Plaja”, e cercando di vendere e promuovere la mia opera prima, appena edita. Io come molti altri esordienti scrittori accorsi a quella importante manifestazione.
    Nelle ore “libere” dal lavoro, facevo altro. Un bagno al mare nella vicina Riposto. Un giro in auto per Catania o a piedi per la mitica Via Etnea… Vedere la Sicilia così fu per me amore a primo impatto. Violento, improvviso, verace. Senza parole, proprio come quando ti innamori di una donna quasi senza motivo: è una cosa talmente irrazionale ma genuina che non sai spiegarla, ma la accetti, e la porti dentro, per tanti anni.
    Ecco perché di Catania ho sempre conservato un ricordo bello, un sorriso spontaneo ogni volta che il suo pensiero mi è tornato alla mente in tutto questo tempo.
    Quei giorni di fine giugno del 1998 furono belli. Unici. E purtroppo anche irripetibili. Quando una settimana più tardi risalii alla stazione di Catania Centrale sulla “Freccia del Sud”, ma questa volta in direzione Milano, sapevo che mi portavo a casa un'esperienza unica, ma anche che sarebbe rimasta malinconicamente confinata nei ricordi. La Fiera del Libro, la prima volta che mi confrontavo con altri autori e con un pubblico di massa, i mondiali di calcio del 1998, le feste e le baldorie perché l'Italia aveva sconfitto la Norvegia negli ottavi di Finale, le serate trascorse così spensieratamente, una vacanza a Catania, un'estate appena all'inizio, e tante altre cose, che mi facevano credere di essere immortale e che tutto, nel bene e nel male, sarebbe stato immutabile e in eterno….
    19 anni più tardi, oggi, di anni ne ho quasi 42. Sono tornato in Sicilia dopo tantissimo tempo e sto percorrendo in solitaria un tour che mi sta facendo toccare le principali città della Trinacria.
    Stamattina partenza da Marsala, dove ho trascorso la notte e la serata di ieri: sono tornato in pullman a Palermo. Sosta di neppure un'ora presso la stazione FS e treno regionale per Agrigento in partenza dal binario 5. Fino a Termini Imerese abbiamo costeggiato la litoranea tirrenica, poi il binario unico si è gettato capofitto all'interno di una Sicilia lunare, marziana, arida, molto distante da quella tremendamente turistica. Stazioncine in mezzo al nulla, alti colli a destra e a manca, praterie verdi che si perdono a vista d'occhio, ecc. Due ore di treno verso il Sud dell'isola, il versante mediterraneo, attraversando una terra che forse pochi - solo chi ci vive o ha vissuto - possono cogliere il vero senso della sua essenza. Meglio così. Come sempre, volevo un viaggio Vero, attraverso luoghi forse aridi ma sicuramente genuini, e l'ho trovato.
    Agrigento appare arroccata su un colle che guarda quel mare Mediterraneo, poco distante, che separa il nostro mondo occidentale dal Sud del pianeta: l'Africa. Al primo impatto mi ricorda la lucana Potenza, e un viaggio fatto nel '97, ancora prima della prima Sicilia. Arrivo alle 16:00, fa caldo, il sole picchia forte, fortuna che una dolce brezza marina soffia mitigando la calura. Raggiungo il mio B&B verso la fine di Via Atenea, il corso principale del centro storico che si snoda fra bellezze architettoniche e negozi di ogni genere. Sorprese delle sorprese, la mia stanza è in realtà un appartamento ricavato da un antico “dammuso”, un abitazione caratteristica siciliana scavata nella grotta e con soffitto ad arco.
    Il centro di Agrigento si gira in fretta, a parte le (da me) odiatiatissime scalinate e salite. Perché la città vecchia è tutto un dedalo di sali-scendi di gradini, che convergono più o meno verso la punta superiore, dove risiede la spettacolare Cattedrale costruita su una rupe. Forse è più bella, tuttavia, la suggestiva Santa Maria dei Greci, che sorge su un tempio dorico: sotto gran parte del pavimento vetrato si vedono benissimo le fondamenta dell'antico tempio. Ma dell'antica “Akagras” il pezzo più forte sono le atmosfere magiche che si incontrato passeggiando per le sue viette, le salite, le discese, le scalinate. Sono scarpinate degne di sforzi fisici immani, ma girare tutta la Città Vecchia ne vale la pena. Inoltre, la vista da alcuni terrazzi o punti belvedere della sottostante Valle dei Templi e della dirimpettaia riviera mediterranea di Porto Empedocle, meritano lo sforzo summenzionato.
    Da quel poco che ho potuto constatare si cena/mangia bene sia nei caratteristici ristoranti lungo la via Atenea - da non perdere: Caponata girgentina (fritto di melanzane condito con sugo di pomodoro, sedano, cipolle, olive, capperi) + cavatelli alla siciliana (pomodoro, basilico, melanzana) + vino rosso trinacria - sia nei locali più serali/notturni di Viale della Vittoria, che partendo da piazzale Marconi (ingresso del centro storico) offre una bella passeggiata e una kermesse di caffetteria per il passaggio serale. Sempre in ultima alternativa, così come a Marsala, ci sono i chioschi e le baracchine in fondo a viale Vittoria. Panelle, salsicce, e quant'altro a prezzi che al Nord sono mera utopia.

    5 - Oggi giornata prevalentemente dedicata ad attraversare l'Isola con le varie ferrovie sicule. Tre cambi, quattro treni e la bellezza di otto ore e mezza di viaggio (!) per percorrere i 220 km che separano Agrigento e Siracusa.
    Partenza dalla città dei templi alle ore 13:00, a bordo di una littorina a diesel, pressoché imballata di studenti delle scuole superiori. Direzione Caltanissetta, prima tappa. I binari si arrampicano a rotta di collo sulle alture collinari di Racalmuto, ma il coraggioso trenino bianco-azzurro sfreccia menefreghista le salite e i tornanti a gomito. La vista sulle valli girgentine è molto bella e suggestiva. Dopo due o tre fermate il treno si svuota e resto pressoché uno dei pochissimi viaggiatori a bordo. Raggiungiamo Canicattì, stazione spettrale e desolata, dove il treno sta fermo pochi minuti per fare inversione di marcia e ripartire in direzione opposta verso Caltanissetta.
    Arriviamo puntuali, ore 14:15. Ho due ore per visitare il capoluogo nisseno che sorge, tanto per cambiare, arroccato su un colle che domina le valli circostanti. Subito davanti alla stazione c'è una ripida scalinata. Zaino in spalla, sole a picco e tachicardia a mille. Arrivo alla meta e l'elegante corso Vittorio Emanuele mi accompagna verso il cuore della città, ovvero Piazza Garibaldi, dove si affacciano la Seicentesca Cattedrale di Santa Maria la Nova e la dirimpettaia Chiesa di San Sebastiano. Al centro esatto della piazza c'è la bella e grande Fontana del Tritone. Chiese, ahimè, tutte chiuse, così come Sant'Agata al Collegio (che chiude la prospettiva di corso Umberto I) e quella di San Domenico, che sorge fra le viette strette e tutte scoscese del nucleo più antico del centro storico. Dopo aver ammirato e letto l'infelice storia di Palazzo Moncada - incompiuta e mai portata a termine opera d'arte - mi siedo in un bar e ordino un bicchiere di buon vino bianco Niscemi d.o.c., tipico della zona.
    Ore 16:22 si riparte, destinazione Xirbi, stazione situata a valle della città, dove il binario incrocia la veloce linea ferroviaria Palermo-Catania. La stazione è immersa nel verde, lontana da centri urbana ed usata dai pendolari solo ed esclusivamente per cambiare treno.
    Ore 17:01: arriva il regionale veloce da Palermo per Catania, ma dobbiamo aspettare le 17:15 per incrociare l'antitetico Catania-Palermo, in ritardo, che corre sulla linea a binario unico. 15 minuti di fatale ritardo che mi faranno perdere la coincidenza a Catania Centrale. Intanto continuo a gustarmi il paesaggio rurale molto suggestivo delle vallate siciliane; molto bello è il colpo d'occhio della città di Enna. La ferrovia corre in basso, mentre la città vecchia resta arroccata in alto in un atmosfera molto fiabesca.
    Arrivo a Catania e come già detto perdo la coincidenza per Siracusa per un soffio. Prossimo treno fra un'ora e mezza abbonante. Ne approfitto allora per una cena veloce e spartana. Conoscevo un posto a Catania dove si mangiava bene e si spendeva poco. Si chiamava da “da Don Ciccio”, e sorgeva sull'angolo di piazzale Martiri della Libertà, a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Lo scoprii per caso, una sera della mia seconda vacanza siciliana, quella del 1999. Mi trovai molto bene allora: il locandiere era una persona simpatica e solare, parlammo del più e del meno, da dove venivo e di cosa facevo, ecc. Ci tornai anche nei giorni successivi, e anche appena prima di ripartire per il Nord. Con la promessa di ritornarci un giorno… E un giorno, nel 2003, cinque anni più tardi, quando passai per Catania di sfuggita, ci ritornai portandomi appresso i miei tre compagni di viaggio di allora.
    Il locale c'era ancora, identico a come me lo ricordavo; idem il gestore: ma qualcosa era cambiato. Non era più la stessa persona sorridente e solare, come era rimasto nelle mie memorie. Si ricordava vagamente di me, e allora non insistei più di tanto. Lo salutai anche quella volta con la promessa di rivederci…
    Promessa, purtroppo, mai mantenuta, perché oggi come sono sbucato in piazza Martiri, al posto di “Don Ciccio - specialità siciliane” ho scoperto che c'è una moderna caffetteria con fuori un gazebo, tavolini e sedie e una clientela un po' troppo raffinata e fighetta; di quella vecchia trattoria che per me divenne il simbolo di Catania non è rimasto più nulla, se non un lontano ricordo…
    Purtroppo se da una parte è vero che certe cose sono immutabili e restano sempre lì ad aspettarti, per altre il tempo è tiranno e spietato, e ti fa ben capire che persone e luoghi conosciuti restano solo ricordi appartenenti a epoche ormai irraggiungibili e distanti…
    Ore 20:36, treno per Siracusa, quando ormai il buio è ormai calato su tutta quanta la Sicilia. Solo due fermate intermedie (Lentini ed Augusta) prima di arrivare nella celeberrima Città Bianca. Ho solo il tempo di appoggiare le mie cose al B&B dietro la stazione, farmi una doccia veloce e uscire alla caccia di un mercoledì sera frizzante e vivace.
    Mi dirigo subito all'Isola di Ortiga, dove sorge il centro e le principali attrazioni architettoniche: il Tempio di Apollo, il quartiere arabo, Piazza Archimede, il lungomare di levante, la Cattedrale, ecc. Ma il primo impatto di Siracusa è che, al di là delle bellezze artistiche elencate, il meglio lo dia nelle atmosfere magiche dei suoi vietti silenziosi e che si smarriscono in un dedalo intricato di zig-zag. Molto diversa dalle altre città siciliane visitate finora, reputo che le caratteristiche di Siracusa la classifichino come una città a parte del panorama siculo.
    Finale di serata a sorpresa. In una centralissima caffetteria a fianco del Duomo, entro per mangiare un paio di arancini, accompagnati da un vino rosso della zona. Il ragazzo dietro al bancone mi porge le uniche due bottiglie di vino che ha sullo scaffale dietro di lui. La prima è un Rapitalà Terre Siciliane. L'altra è un Bonarda… Sì, proprio quel Bonarda…
    “Come mai avete il Bonarda dell'Oltrepò Pavese?” domando stupito. Non ho mai visto un vino della mia zona in giro per l'Italia, per trovarlo qui, a Siracusa, nel profondo Sud.
    “E' la prima volta che me lo portano. Lo conosci?”
    “Sì. Ci vivo!” è la mia emblematica risposta…
    Mi siedo fuori e resto a sorseggiare il buono e corposo Rapitalà osservando il Duomo di Siracusa, sicuramente una delle più belle cattedrali che abbia mai visto durante tutti i miei viaggi…

    6 – Siracusa-Catania è finalmente il “transfer” più breve e veloce di tutti i miei spostamenti. Un'ora e un quarto di treno, che costeggia la bellissima riviera jonica e che mi fa tornare a Catania, finalmente, dopo 14 anni dall'ultima volta, e ben 19 dalla prima.
    Le bellezze di Catania a me sono note. Ma le rivedo con molto piacere. Piazza Duomo, Fontana dell'Elefante, Via Etnea, la Fontana “a linzolu”, quartiere “La Pescheria”, il Castello Ursino, il Monastero di San Nicolò, i resti dell'Anfiteatro Romano, ecc… Me le rivedo e intanto penso che il mio viaggio siciliano volge al termine. E' sera, sono nella “mia” Catania, alloggio all'Holland International Rooms, dove i gestori sono sempre gli stessi degli anni '90 e anche se non si ricordano di me appena ho detto loro che ero stato ospite nella seconda vacanza del 1999 mi avevano fatto un sacco di complimenti, c'è una serata frizzante e da vivere fino all'ultimo… Eppure, come sempre, vedere Catania e poi sapere di doverla lasciare non è ma facile. Neppure se si tratta di una tappa veloce...
    Quell'estate del 1998 la mia prima vacanza a Catania finì così. Con io che risalivo sulla “Freccia del Sud”, in direzione Milano, e con Valentina e Federico che mi salutavano sorridenti dal binario 1 della stazione Centrale. La promessa era quella di rivederci l'estate successiva.
    Quella promessa la mantenni, e nell'estate del 1999, con due amici pavesi, tornai in Sicilia. L'idea era di girare un po' l'isola, ma dopo le prime tappe a Messina e a Taormina, quando arrivammo a Catania io decisi, anche un po' bruscamente, di restare lì. Senza motivo razionale e logico rinunciai a proseguire il viaggio per vedere la bella Siracusa - che mi dovette aspettare altri lunghi 18 anni.
    Catania restò, così, il capolinea di molti ricordi e pensieri di quelle due estati. I bagni nelle bellissime spiagge di Aci Trezza, o di Riposto. Le escursioni in cima all'Etna o quelle per la città vecchia,,. Catania per me era irresistibile. Non c'è un motivo, era così e basta. E' come quando ti innamori di una donna. Ti innamori senza dover spiegare perché e per come.
    Catania fu la mia Prima Sicilia. Fu la città dove timidamente appoggiai i piedi quel lontano giugno di 19 anni fa per andare alla conquista della “Isla Granda” italiana. Le atmosfere magiche, le suggestioni passeggiando per Via Etnea alla sera, il colore nero della pietra lavica di ogni muro e palazzo, il gioco di luci e ombre delle strade sfrecciando velocemente in auto, e arrampicandoci su, verso Mascalucia, dove vivevano Valentina, Federico e il mio Editore, Salvo. Il calore che ottenni in quei pochi ma intensi giorni. L'essere catapultato a soli ventitré anni nel primo grande viaggio in solitaria della mia vita e in un mondo lontano, bello, che avrei voluto non finisse mai.
    Dovevo essere conscio di quelle emozioni, essendo di origini pugliesi ed avendo trascorso, sopratutto in quegli anni, gran parte delle mie vacanze nel noto sperduto paesino sulla ridente Valle dell'Ofanto barlettana. Avrei dovuto. Ma non fu così. Il lungo viaggio, la notte in treno, il risveglio all'alba e la Sicilia che mi apparve tutto d'un tratto in mezzo al mare e accecante come la luce del sole, le mattine al mare, i pomeriggi alla Fiera del Libro, le sere spensierate in giro per quel piccolo mondo fra le pendici dell'Etna e il mar Jonico…
    Era tutto lì, un amore così bello e improvviso, violento, letale. Che poteva durare per tanto se non per sempre. Ma, invece, chissà perché durò poco o nulla…
    Dopo l'estate del '99 non tornai per un bel po' in Sicilia e neppure a Catania. Nel 2003, per caso, il Pavia Calcio, che militava in serie C - e che io seguivo fedelmente sia in casa che in trasferta con il mitico e storico gruppo “Indians” - capitò nel girone di due squadre siciliane: Acireale e Vittoria. Fu l'occasione di tornare sull'isola, ma solo di passaggio, per la breve durata di due incontri calcistici e di due piccole toccate e fuga nella Città Nera. Fine agosto ad Acireale e metà autunno a Vittoria. Quell'ultima sera fu l'ultima volta che vidi Catania. E la Sicilia.
    Passarono anni vorticosi e pieni di eventi. Tante cose sono successe. Forse troppe. Tanti viaggi, nei posti più disparati in giro per il continente e anche oltre. C'era sempre il pensiero di tornare in Sicilia, ma per un motivo o per l'altro, veniva sempre rimandato a data da destinarsi...
    Poi, finalmente, dopo 14 anni dall'ultima volta, mi sono deciso. Mi ero sempre ripromesso di girare il resto della Sicilia, e così l'ho fatto. Ma ho voluto tenere Catania - anche se l'avevo già vista - come ultima tappa. Non sarei mai potuto ripartire senza rivederla e senza passeggiare per le sue viette ripensando a quegli aneddoti che ho raccontato. Estati felici, spensierate, durate tanto quanto il battito di una farfalla, forse, ma ugualmente importanti. La vita è così. E' bella, è piena di sensazioni e ricordi, e altre volte è malinconica, passa troppo in fretta e dietro ti lascia solo un sacco di rimpianti. E di vuoti. E quelli sì, che è davvero un bel casino da riempire...
    Come ogni viaggio, anche stavolta mi porterò a casa un pezzetto di tutto, raccolto in ogni posto dove sono stato: la baldoria e l'allegria della Vucciria di Palermo, le suggestioni storiche della città di Marsala, le bellezze architettoniche della greca Agrigento, i paesaggi incontaminati della Sicilia entro-terrena di Caltanissetta, Enna e paraggi, e le bianche stucchevoli viette di Siracusa… Tutte nel famoso barattolo, pronte a essere dispensate, raccontate, conservate…
    Ma Catania, no, mi spiace, so già che non ci riuscirò. Catania fa parte di quei posti che nella mia vita non sono mai riuscito a mettere via. Scappa sempre. E non c'è nulla da fare. E' stato il primo breve amore di un ragazzo di ventitré anni esistito tempo fa… Che non è mai riuscito a dimenticare….
    Ecco perché l'ho tenuta per ultima tappa ed ecco perché domani pomeriggio ripartirò da qua, in treno, come tutte le passate volte. Per tanti motivi. Forse, per illudermi di tornare indietro nel tempo. Ma non lo so, e sinceramente non mi importa più di tanto. L'Amore non si discute, non si calcola, non si confuta. E' così, punto e basta.

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