MIRKO CONFALONIERA


Replying to ADRIATIC ROAD 6

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  1. Posted 23/2/2017, 19:28
    San_Marino_Inverno.54fc18d4a9806a1f3219f8a052700669

    0 - «In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare» (Andrej Tarkowsky).
    PAVIA-ss 234-CREMONA-ss 10-SUZZARA-ss 496-FERRARA-ss 16-RAVENNA-ss 16-RIMINI-ss 72-SAN MARINO-ss 16-ANCONA-ss 16-SAN BENEDETTO DEL TRONTO-ss 16-PESCARA-ss 16-VASTO-ss 16-TERMOLI-ss 16-..... CALIFORNIA D'ITALIA.......
    ADRIATIC ROAD PARTE 6: LOMBARDIA-PUGLIA(CALIFORNIA) . SOLO SU STRADE STATALI....

    1 - C'è un letto disfatto, c'è una valigia pronta, ci sono dentro alcune cose, ricordi e momenti belli, c'è il tuo profumo ancora addosso alla mia pelle, c'è la scorsa notte ancora qui nel giorno, i tuoi seni e le tue cosce ancora nelle mie mani, c'è il sole alto nel cielo, c'è aria fredda, ci sono telegiornali che parlano di terremoti, nevicate, gelo, c'è odore di catrame, di asfalto, di smog, di auto, di camion, di fumo nell'abitacolo, di inverno, di Sud-Est, c'è una bottiglia di petrus vuota sotto il sedile, c'è un pacchetto di sigarette che sta per finire, c'è la Livietta seduta al mio fianco, c'è qualche canzone all'autoradio, c'è la foto di Putin sul cruscotto che mi sorride beffarda, c'è quel senso di vuoto fra il petto e lo stomaco che non va né sù né giù, c'è una lunga strada, quella che ho sempre percorso, quella che per sempre percorrerò, che attraverso un continente, fatto di paesi, città, persone, storie, racconti, ecc., porta in California d'Italia. #iononviaggioinautostrada#adriaticroad6

    2 - La Pianura Padana non è una pianura qualsiasi. E' tutte le pianure. Messe insieme. Così, per scherzo, per fatalità, per caso. Soprattutto non è Padana, e se lo è, lo è per poco: è più un gigantesco continente che attraversarlo tutto, ogni volta, non è mai facile. Non è facile percorrere le sue dritte strade nazionali che scorrono più o meno in univoca direzione ovest-est, monti-mare, freddo-meno/freddo (in questa stagione), oppure caldo-caldo/umido (in altre). C'è il Po, che scorre là in mezzo, da qualche parte; un Po che sembra un Missisipi italico, che punta verso il Mare. E poco importa se quel mare non è il Golfo del Messico, ma il forse banale Adriatico.
    Cremona come il Texas. Mantova come la Lousiana. Ferrara come l'Alabama. Inverno che non è Inverno, ma un fottuto gennaio sopra le righe. Sole, a tratti caldo, e l'unica neve quest'anno per poterla vedere sono dovuto andarla a scovare fino in Norvegia (cfr. “Road to North Europe”). E i radical-chic-petalosi che piangono lo stesso per il freddo o per altre menate simili su facebook li spedirei indietro di trent'anni, ad assaggiare (o a ricordare) cosa erano gli Inverni degli '80 nella Bassa.
    Mezzogiorno.
    Parto dal distributore di GPL di bivio Gramegna di Pavia, con un orecchio tappato, un dente cariato, un mal di pancia che non mi dà tregua da giorni, e pensieri e ansie che baluginano nella testa come fotoni impazziti nel vuoto.
    Fanculo.
    Mi bevo un sorso di petrus, immancabile presenza sotto il sedile accanto al mio. Vuoto. Da ieri sera. Ma non fra i pensieri. E non nel suo profumo, di cosce, di tette, di capelli, di carezze, ancora di mare, portato in porto, consumato e salpato. Vado oltre.
    Il ricordo di Lei sul sedile appena accanto, appena stanotte, è più forte e più doloroso dell'otite che non vuole passare. Cortisone e superalcolico. Pacchetto di Nazionali senza filtro preso stamattina dall'Oste, nella sua bottega a Castelletto Po, a 3,50 euro sottobanco... Presto la perderò. Per sempre. Per tutta la vita. E non basterà viaggiare oltre, per ritrovarla... Ansia e tachicardia. Logistiche e ideologie. Bastardo tappo che non vuole stapparsi. Voglia di bruciarmi lo stomaco, mentre corro, con la mia Matiz, direzione Oriente, lungo la statale per Cremona. Con un obiettivo ancora più grande. Raggiungere la California, all'anagrafe Puglia, solo in strade statali. Ogni volta è così.

    3 - Dal finestrino passano le campagne pavesi, il velox di Belgioioso a cui porgo gentilmente il dito medio, il poderoso stabilimento della formaggeria Galbani di Corteolona, le alture collinari fra Miradolo e San Colombano che segnano il primo e significativo passaggio di provincia.
    Bassa Lodigiana. Merda. Merda di camion infiniti e incolonnati verso quella merda ancora più grande di casello autostradale di Ospidaletto. Fottute carovane di autotreni che avanzano tanto piano che avrei il tempo materiale di rallentare, accostare alla bella slava bionda ai bordi della 234 nei pressi di Chignolo e chiederle quanto vuole per 10 minuti di finto amore, trattando anche per un po' di più di solo sesso.
    Casalpusterlengo e centri commerciali sul bivio con la via Emilia. Passaggi a livello, distributori di benzina, paesi che corrono via dal finestrino come ricordi di simili viaggi on-the-road.
    Cremona.
    Non sono mai stato in Texas, ma Austin me la immagino così. Impertinente, razzista e vecchio stampo, una città dalle tre famose T che appare da un momento all'altro, nel bel mezzo di una piatta pianura che sembrava fino a un secondo prima non finire mai nel suo vuoto esiziale e struggente. Tangenziale, sorpassi, svincoli, uscite e ricordi di trasferte di calcio e di basket di ere ormai lontane come anni luce che separano galassie.
    Ma la vera Padana inizia dopo, subito dopo i centri commerciali della zona est della città del Torrazzo, quando la nuova statale 10 si tuffa in un paesaggio arido e desolato che manco su Marte credo di riuscire a trovarne uno così. Trattori, camion, colonne, rallentamenti. Oggi un fanculo di traffico di merda e giramenti di coglioni a mille in una giornata di fine inverno, che inverno non è. Nell'abitacolo della piccola astronave Matiz caldo, poi freddo, poi caldo, poi freddo, poi voglia di andarmene a fanculo e tornare indietro.

    4 - Mi fermo al Bar dell'Autista di Pessina, abituale stop dei miei viaggi lungo le “Badlands” del fiume Po. Caffè, acqua e un pacchetto di patatine, giusto per mettere qualcosa sotto i denti, nello stomaco e guardare le due belle cameriere che servono da bere ai camionisti di passaggio. Niente autostrade da queste parti. Chi passa da qua corre veramente queste direttrici come uniche possibili per raggiungere l'est padano più estremo, cavalcando campi, terre, coltivazioni, fattorie, campagne, e l'idea di un fiume che poco più a sud di tutti noi ci segue latente e silenzioso.
    Riparto e tiro dritto. Non passo da Mantova a 'sto giro. Dopo Marcaria prendo giù per Bozzolo e supero il ponte sul maestoso corso d'acqua. Terra emiliana, strade più larghe e diritte, i primi timidi cartelli per Ferrara indicano ancora est. E' la 496, che costeggia meridionalmente il Po, e di altre strade ne incontra tante: soprattutto una, soprattutto a Poggio Rusco, soprattutto la statale 12. Che verso sud, va verso l'Appennino, il passo Abetone, e, oltre, la Toscana, e ricordi, che non si possono dire né scrivere, di altri viaggi e di altri tempi e di altri perché rimasti tali e prigionieri laggiù.
    Altro fanculo. Ci sono più fanculi oggi nella mia testa, che aerei nel cielo.
    Raggiungo Ferrara al calar del sole e presto le tenebre oscurano tutto il mondo intero, mentre io sono ancora alle prese con tangenziali e rotonde per evitare il transito urbano e proseguire verso Ravenna, nuova stella polare che mi guida nel mio instancabile agire.
    Finalmente, oltre il Raccordo Sud, appare la statale 16, l'”Adriatica”, la Nazionale più lunga (e più bella) d'Italia, che con i suoi 1000 chilometri esatti collega la veneta Padova con la salentina Otranto (la punta più ad Est dello Stivale, che si affaccia sull'est europa proprio dinnanzi alle montagne di Vlore), attraversando la bellezza di 7 regioni da nord a sud.
    Fino ad Argenta è lunga, dritta e scorrevole; tagliamo il buio come un coltello affilato taglia il burro. Invece, sul più bello, la variante finisce e mi tocca ritornare al percorso vecchio, attraverso paesi, città, semafori, stop, incroci, rotonde, bar dalle saracinesche chiuse, chiese, chi, cosa, un gruppo di gente attorno a un vecchio sdraiato per terra con un taglio sulla testa, un incidente, un investimento, macchine ferme, luci accese, un'ambulanza che arriva a forte velocità, il tempo che passa, il tempo che non arriva, il tempo bastardo che tutto cambierà.

    5 - Ravenna, capitale romagnola, crocevia delle statali Romea (Mestre-Ravenna) e Tiburtina (Ravenna-Cesena-Terni). Vecchia sosta notturna di vecchi viaggi verso il Sud Est (cfr. “Adriatic Road 3”). Tornerei indietro in quegli anni. Tornei per restarci e non invecchiare più...
    Dio, dio, dio, dio degli atei e dei viaggiatori, ma come si fa? Come si fa a Ravenna e in qualsiasi altra parte del mondo non mondo, padano o texano, a sapere di perdere la persona che ami di più di tutto il pianeta, dalla piazza Rossa di Mosca al deserto del Marocco, o dal fiordo di Oslo al lungo-Caspio di Baku? Dimmi, dimmi, come si fa... E senza risposte su luoghi comuni, sulla riviera riminense notturna, su che ce ne sarà un'altra nel futuro, migliore di lei, che mi prenderà per mano e per il cuore, e che mi farà dimenticare che questo viaggio è solo e in realtà un sogno, brutto sogno, di una notte di mezzo inverno, che non vuole finire mai.
    Rimini.
    L'unica città che conosco che ha una serie di fottuti semafori lungo la tangenziale. E, amara sorpresa, perfino lungo la SS 72 per San Marino: una larga e spaziosa superstrada a 4 corsie. Inutili, per via dei semafori puntualmente rossi ogni cazzo di 2 o 3 cento metri. Inutili, come i miei vani tentativi di non pensare, non pensare, non pensare, non pensare. Ma come si fa? Come? Come?….
    Ecco, allora, San Marino, Repubblica a sé stante di quattro cantoni messi insieme, con tanto di frontiera. Seguo per il Centro storico, sollevato lassù in alto, in cima a quelle rocce che sembrano tanto inarrivabili quanto le stelle di Alfa Centauri. Assiomi matematici. Non si può superare la velocità della luce. Come non si può, evidentemente, cambiare il destino delle persone, il nostro impagabile agire, e il testardo andare avanti, avanti, avanti, per soddisfare quella stupida sete di conoscenza, che riempie, forse, sì, no, non lo so in questo momento, quel vuoto, che spesso si crea in quel viaggio, più grande, chiamato Vita.
    E allora vediamola 'sta San Marino, da sempre sfuggita, non so perché, ai miei continui e affannosi peregrinare da su a giù e da giù a su, raccontando quando è figo, bello, tosto, anti-conformista, romantico, comunista, sovversivo, rivoluzionario, e via-dicendario, percorrere le strade statali e non quelle odiose, private, a pagamento, alienanti autostrade. Del cazzo.

    6 - Forse ne è valsa la pena. Dopo un giorno di viaggio fra incazzature, monologhi solitari, aforismi con la Livietta (la mia cagnolina di peluche che sempre mi segue in questi on-the-road), maledire il telefono, maledire gli sms e i messaggini di Whatsapp… Oggi ho una dose di insofferenza, misantropia e misoginia che messi insieme illuminerebbero tutta la galassia 10 volte tanto la stella più grande. Ma poi, San Marino, mi salva. In corner, in angolo, all'ultimo secondo di gioco, come un gol del Torino all'ultima azione, la classica zampata di “Gallo” Bellotti nel sette della porta sotto la curva Maratona che esplode come un boato di una bomba atomica: vittoria e tre punti insperati, dopo una di quelle noiosissime partite che vorresti fare ricorso alla Corte dei Diritti dell'Uomo per farti rimborsare i venti euro di biglietto e i dieci di g.p.l. di statale. Però, non si può, come non si può farsi rimborsare la Vita, e le cose che ancora oggi vorremmo cambiare. Apprezziamo le cose belle, piccole, inattese, come questa San Marino, tappa scelta così, a caso.
    Neve, ai bordi delle strade, sui marciapiedi, nei parchi, man mano che salgo sempre di più. Qui l'inverno ha fatto il suo compitino delle vacanze, e penetrare lentamente in una cosa che non è Italia, non è questo inverno, ma è boh, non so, non saprei, ma è bello, ecc., mi strappa il primo sorriso della giornata. Sistemo bagagli, cibarie e Livietta in camera di un albergo a tre stelle che sono riuscito a strappare a basso costo. Poi, fuori, spedizione a girovagare, da solo, in una città vuota, fantasma, senza nessuno, ma stupendamente bella così. Tutta per me.
    Salite, discese, vicoletti, palazzi, pietre, rocche, castelli. E dalle mura lo spettacolo della bassa che si estende fino alla riviera romagnola, costellata di mille luci più accecanti stanotte delle stelle di tutto l'Universo, è davvero bello e finalmente rincuorante. E nell'unico posto aperto, un baraccio di quelli che piacciono a me – manco farlo apposta – trovo una cooperativa vecchia maniera, un locale scavato nella roccia, con musica dal vivo in uno scantinato fatto ad hoc, ragazzi e ragazze, birre, voglia di divertirsi e di passare un venerdi sera al caldo con soffice musica jazz in sottofondo.
    Scambio due chiacchiere con uno dei gestori dietro al bancone. E' un ragazzo giovane, qualche anno in meno di me. Mi chiede cosa ci faccio da queste parti in 'sto periodo dell'anno. E allora giù a raccontargli che sono un viaggiatore in solitaria che percorre le strade statali per andare in Sud-Est… perché le statali attraversano la Vera Italia, pardon, il vero Mondo… Perché le statali ti fanno vedere posti che le autostrade no… perché le statali di qua e quelle altre di là….. E fra bicchieri di birra e di vino, finalmente, la ormai notte scorre via come le onde del mare...

    7 - Risveglio nella piccola Repubblica di San Marino dopo la notte passata in questa innevatissima rocca. Neve che coccola stranamente il mio umore, rendendolo meno insopportabile del solito; ma, che sparisce subito dopo aver varcato di nuovo la “frontiera” italiana ed essermi diretto verso Cattolica.
    Rimbocco la statale 16 e mi dirigo meccanicamente verso sud. Si scollina un po' nei pressi di Pesaro, attraverso la città facilmente a questo giro (non esistendo varianti, il transito interno è obbligato). Subito dopo, nella lunga e bella litoranea Sud, la statale corre parallela alla costa. Finalmente il mare, l'azzurro e bellissimo Adriatico che avevo salutato malinconicamente un caldo pomeriggio di quattro mesi e mezzo fa.
    Quando arrivo a Fano decido di fermarmi, perché, questa graziosa e raccolta cittadella dalle mura ancora in ottima parte conservate, ha sempre attratto la mia curiosità. Porte, piazze, rocche, archi e altri bellissimi edifici incastrati in stupende e strette viette medioevali pagheranno la mia saggia decisione. Una bella sorpresa la cittadina marchigiana, dal notevole passato: è capolinea della SS 3, che ripercorre la vecchia consolare Via Flaminia, che collegava, e collega tutt'oggi, Roma con Fano, a testimonianza, appunto, di quanto questo piccolo centro piceno fosse molto importante in età Romana. A pianta quadrata, con la classica croce di cardus e decumanus, si gira in fretta a piedi e ti fa assaporare molto della sua Arte e Architettura. Fuori le mura e più in basso, il grazioso lungomare, che offre anche una bella vista su un piccolo e fornitissimo porticciolo.
    E' tardi, riparto ma senza fretta di correre. Arriverò quando arriverò. Anche perché non potrei fare altrimenti: il traffico aumenta, non ci sono più i camion e i trattori delle statali padane di ieri, ma colonne di auto che vanno e vengono verso giù o su. Pazienza.

    8 - By-passo la bella Ancona (vista e rivista in altri “Adriatic Road”, cfr. blog) con la SS 16 che compie una variante che taglia fuori tutto il promontorio del Conero fin dopo Numana e Portonovo. Arroccata sulle colline del pre-Appennino umbro-marchigiano svetta la bella Loreto, che mi riprometto, come ogni volta, di visitare un giorno. Idem Recanati, e quasi tutte le cittadine fino a Macerata compresa.
    Sosta, come sempre in ogni passaggio da queste parti, al Bar Fina di Porto Sant'Elpidio, primo baluardo della nuova provincia di Fermo. E' un baretto vecchia maniera, molto alla buona, con prezzi popolari, che sorge a ridosso di una stazione di servizio proprio lungo la “16”. Dietro ha un bel salone dove sempre e puntualmente, a qualsiasi orario e in qualsiasi stagione io vi sono capitato, gruppi di anziani e pensionati si sfidano in rocambolesche e agitate partite di carte. Oggi, seduto al tavolino più esterno, bevo due sambuche al caffè, un po' per tenermi sveglio, un po' per riscaldarmi dal freddo-non-freddo dell'inverno, ma che ora sembra pungere più del solito anche un irredentista del gelo come me. Scambio due chiacchiere con il ragazzo dietro al bancone, che ammette vagamente di ricordarsi di me… Allora gli racconto che io viaggio verso la Puglia percorrendo solo la statale 16 e che mi ha visto tutte le volte che, passando di qui, mi sono fermato in questo baretto che è ormai divenuta una tappa insostituibile nelle mie odissee automobilistiche verso il Sud-Est italico.

    9 – Alla mia ripartenza le tenebre che magicamente calano tutto d'un tratto. Attraverso San Benedetto e Giulianova, incolonnato nel traffico del sabato tardo-pomeriggio come non mai. Il tempo è meterologicamente buono, stabile, non c'è neve per terra né in lontananza, ma da Roseto degli Abruzzi in poi sulle strade iniziano ad aprirsi grosse voragini e buche nell'asfalto, che al mio precedente on-the-road agostiano non c'erano. Il freddo qui ha colpito duro. Sono molto vicini a zone completamente devastate da terribili nevicate e da due scosse di terremoto che nel giro di pochi mesi hanno letteralmente messo in ginocchio una Regione intera.
    A Montesilvano c'è una scorciatoia che, staccandosi dalla sempre più trafficatissima SS 16, porta dritta sulla tangenziale di Pescara. L'ho imparata un po' col tempo, andando per tentativi ed errori: oggi, per la prima volta, riesco ad imboccarla al primo colpo e in men che non si dica dopo una lunga serie di gallerie, svincoli e sovrappassi, sono a Francavilla, già provincia di Chieti.
    La “16” almeno fino a Vasto corre in questa zona un percorso un po' tortuoso. Tornanti soffici ma decisi, in una costa caratterizzata da colline e basse alture. Le città vecchie (Ortona, San Vito, e la stessa bella Vasto – da vedere, cfr. “Adriatic Road 5”) sono tutte arroccate in alto; giù, dove scorre la statale “adriatica”, ci sono solo le rispettive balneari “Marine”, che oggi, 20 gennaio, sono solo ripostigli bui di scheletri di bar e locali chiusi e/o vuoti.
    Tranne il bar-pescheria di Fossacesia, altro mio usuale pit-stop, in questa cittadina alla foce del fiume Sangro. Birra Peroni grande a soli 2,50 euro (l'avvicinarsi della Puglia si nota anche da queste piccole cose…..) e locale pieno di avventori che sgranocchiano ottima frittura di pesce (la specialità della casa) e guardano assorti la diretta televisiva dell'anticipo di serie A di calcio.
    Dopo Termoli, tagliata via anch'essa da una moderna variante (e anch'essa piccola perla del medio Adriatico che consiglio di visitare, nda), la “16” piomba nel buio più buio e più desolato. Subito dopo Campomarino, ultima roccaforte molisana, c'è il confine regionale. Paesaggio desolato e lande sperdute per chilometri e chilometri senza incontrare una sola luce all'orizzonte. La Puglia, da me soprannominata con il buffo epiteto “California d'Italia”, per tante ragioni (la conformazione peninsulare, i paesaggi marittimi molto belli, una rinomata produzione di vini d.o.c., i suoi paesaggi aridi e lunari di Kerouachiana memoria, ecc.), ma una su tutte la maniera “pionieristica” di come la raggiungo io, cioè percorrendo le vecchie strade di una volta; proprio come facevano i pionieri con la Frontiera americana due secoli or sono.
    Il percorso orginale della vecchia SS 16 deviava internamente, passando per Chieuti, Serracapriola e San Paolo in Civitate (oggi SS 16/ter), che restano leggermente spostate verso il sub-appenino Dauno. La nuova 16, invece, corre quasi rasente il mare e il Lago salato di Lesina. Ecco perché il chilometraggio “salta” ad un certo punto in avanti di quasi 50 chilometri; perché la strada è stata accorciata passando per la piana di Poggio Imperiale. A San Severo il percorso storico e quello nuovo si rincrociano e convergono insieme verso Foggia, a 30 km più a Sud e nel cuore della gigantesca Capitanata Pugliese. Il Gargano, l'imponente promontorio/sperone d'Italia, osserva sonnecchiante e dormiente.
    Da Foggia, fino al Salento, la statale Adriatica corre come superstrada doppia carreggiata, per cui, in un baleno arrivo a San Ferdinando, cittadina di 15mila anime alle porte di Barletta. E' notte fonda, ormai, le strade e la Piazza sono vuote e spopolate, ma l'impressione, subito, è quella di aver lasciato tutto com'era il giorno di settembre che sono partito. Strano, ma vero: sembra ieri che ho trascorso la mia ultima giornata al Lido Miramare di Margherita, cercando un vano approccio con la bella inglesina in ultima fila, bevendo una birra a testa con gli amici Big Peter e Jenny, e scambiandomi con loro i saluti e i soliti arrivederci…

    10 - C'era una volta la Puglia, ma quella di tanto tempo fa… Quella di quando avevo meno di vent'anni, quella delle grandi compagnie nella piazze del paese, delle gigantesche comitive che d'estate andavano al mare tutti insieme in pullman, che faceva colletta per prendersi solo un paio di ombrelloni senza sdraio né lettini, per risparmiare, in ultima fila, tutti stipati sotto l'ombra dell'ombrellone o su asciugami per non ustionarsi i piedi…
    Di sera si usciva solo in Piazza: vasche su vasche, avanti e indietro, parole e tempo che passava così; e le uniche vere trasgressioni erano andare nel vicoletto dietro l'ex mercato del pesce a fumare un po' di hashish di nascosto, oppure ubriacarsi di cocktalis al vecchio bar Falcone.
    Raramente si andava fuori San Ferdinando. Se non in grandi occasioni, come la Notte di San Lorenzo o la vigilia di Ferragosto… Allora si facevano macchinate e carovane di auto per la spiaggia libera di Torre di Pietra, poco più a nord delle Saline. Si accendevano dei falò sulla spiaggia, si guardavano le stelle cadenti, si faceva il bagno a mezzanotte, qualcuno portava una chitarra, qualcuno cantava, qualcuno si amava di nascosto nelle ombre…
    Stessa routine d'inverno, con l'unica eccezione della notte di Capodanno o di qualche festa di compleanno o altri eventi speciali, dove si andava tutti a casa di qualcuno, si attrezzava una stanza a mo' di dj-set, musica a palla dalle radio, e si beveva e si ballava fino all'alba…..
    Erano i miei pionieristici anni Novanta, con la voglia teen-ager di musica truzza e discotecara, ma che cominciava anche a volgere l'orecchio a qualche cantautore impegnato… Erano le notti che si restava su una panchina o seduti sull'uscio di casa con amici e amiche a chiacchierare del mondo e della grande Vita che sarebbe arrivata… Erano i giorni che nonostante tutto quella bambina, ormai ragazza, già quasi donna, cresciuta insieme giocando a Sessantuno (una variante locale di Nascondino, nda) per anni, ai bordi di quei quattro spigoli, continuava a piacermi da morire…
    In quegli anni la Puglia era sempre e unicamente San Ferdinando (paese) e Margherita di Savoia (mare). Stop. Non esisteva altro. Andare sul Gargano era un evento più unico che raro. Altre parti della Puglia, invece, erano come oggi antri di universi lontanissimi e ancora inesplorati…….
    Al tempo presente della Puglia, pardon, della “California d'Italia”, penso di aver visto ogni angolo, ogni parte, ogni strada, ogni città. Forse non tutto-tutto, ma la maggior parte delle cose che ho voluto vedere e raccontare credo proprio di averlo fatto. Eppure, a volte, mi mancano quegli anni spensierati, in cui tutto il mio mondo ruotava su quella piccola e circoscritta parte di Puglia…. Due mesi di vacanza estivi (da metà luglio ai primi di settembre), tassativi. Poi seguivano quasi tutte le vacanze invernali dalla vigilia fino all'epifania, estremi compresi. Idem quelle pasquali. Più, ogni tanto, qualche week end per 18simi o eventi straordinari.
    Quando arrivavo c'erano sempre un sacco di amici e di amiche ad aspettarmi… Oggi, non c'è quasi più nessuno… Crescendo, molti si sono sposati, hanno cambiato vita e compagnie, altri si sono trasferiti per lavoro in giro per l'Italia, e quando scendo per queste ferie un po' fuori stagione mi assale un po' di malinconia nel vedere le tante piccole compagnie di ragazzi di oggi, che mi sembrano un po' le mie, ma di tanti anni fa…..
    Ne è passato di tempo, di giorni, di settimane, di viaggi, di parole dette, scritte, e purtroppo mai sentite… Eppure è così, sono ancora qua e, come tutte le volte in questi tanti e lunghi anni… E come sempre ad ogni mio arrivo mi approccio a compiere il curioso rituale di osservare l'esiziale e vuota Piazza dalla cima delle scale della Cattedrale. E penso, qualche minuto. Che nonostante tutto, ma proprio tutto quello che è successo, mi sembra di non essermene mai andato da qui.
    Resto ancora a fissare tutto il panorama davanti a me, senza più davvero, stavolta, nessun pensiero dentro la testa….

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