MIRKO CONFALONIERA


Replying to ADRIATIC ROAD 5

  • Create account

    • Nickname:
  • Enter your Post

    •              
           
       
      FFUpload  Huppy Pick colour  HTML Editor  Help
      .
    •      
       
      Clickable Smilies    Show All
      .
  • Clickable Smilies

    • :huh:^_^:o:;):P:D:lol::B)::rolleyes:-_-<_<:)
      :wub::angry::(:unsure::wacko::blink::ph34r::alienff::cry::sick::shifty::woot:
      <3:XD:*_*:];P:XP:(:=)X):D:>.<>_<
      =_=:|:?3_3:p:;_;^U^*^^*:=/::*::b::f:

  •   

Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 12/9/2016, 19:21
    Emilia%20Romagna%2C%20strada%20statale%2016%20Adriatica%2C%20variante%20di%20Alfonsine

    0 - "La vita è ciò che facciamo di essa . I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo" (Fernando Pessoa).... ADRIATIC ROAD VOL. 5. VERSO LA CALIFORNIA D'ITALIA. IN STRADA STATALE. PERCHE' #iononviaggioinautostrada

    1 – E' fine agosto. Le valige di nuovo cariche nel bagagliaio. Un pacchetto di sigarette semi vuoto. Una bottiglia di amaro sotto il sedile laterale. La foto di Putin sul cruscotto che mi osserva in maniera beffarda. La Livietta, la mia cagnolina di peluche, che mi segue in ogni viaggio on-the-road. L’aria asciutta e già l’odore di Puglia che penetra dai finestrini. Canzoni .mp3 all’autoradio. Una strada. Lunga, diritta, interminabile, che attraversa un continente immenso e porta verso Sud, verso la “California d’Italia”…..

    2 – In zona Milano Sud imbocco la state 9 “via Emilia”, una delle più importanti strade statali, che collega il capoluogo lombardo con la riviera romagnola (Rimini), attraversando ben 8 delle 9 provincie dell'Emilia Romagna. E' lunga 329 km, il km 0 è a Rimini, all'innesto con la Statale 16 “Adriatica”, e termina a Milano in zona Rogoredo / San Donato. Io la raggiungo subito dopo Melegnano e alla fine della tangenziale ovest. Il breve tratto di Autosole gratuita non basta ad evitare l'irritante pedaggio alla barriera di Melegnano. Si paga 1,20 euro non so per quale stupido motivo. La malefica autostrada corre via dritto, io esco subito 200 metri dopo per percorrere il lungo viaggio a modo mio. Una moderna variante aggira la cittadina sul fiume Lambro, per cui in un attimo sono con la statale 9 sotto le ruote della mia Matiz blu come il cielo, e la Puglia/California ad ancora due giorni ed 800 chilometri di viaggio. Si viaggia bene, traffico scorrevole, è un venerdì post-prandiale di un agosto con ancora tutti i villeggianti a spasso per l'Italia. Nel tratto lombardo solo Casalpusterlengo viene attraversata internamente, tutte le altre località sono dotate di rapide circonvallazioni esterne o addirittura di moderne tangenziali (Lodi). L'attraversamento sul ponte del fiume Po non indica solo l'avvicinarsi alla grande città di Piacenza (quella che molti considerano più lombarda che “emiliana”), ma anche il primo e significativo cambio di Regione. Piacenza ha una bella tangenziale a scorrimento ovest-sud-est: per chi arriva da nord, cioè da Milano, entrando dal ponte di San Rocco al Porto è praticamente impossibile usufruirne: per cui, subito dopo il passaggio fluviale, mi circonda l'agglomerato urbano del capoluogo piacentino. Nel 2009 era crollato l'ottocentesco ponte romano sul Po, e Piacenza rimase per un anno e mezzo senza il collegamento con l'altra sponda (con la “9” che rimase tristemente divisa in due tronconi). La costruzione del nuovo ponte ha risolto i notevoli disagi creatisi. Emilia. Grossi latifondi, capannoni industriali, logistiche, il tracciato della ferrovia ad Alta Velocità da una parte, le colline dell'Appenino dall'altra, paesi della Bassa e città. Percorrere la statale 9 ascoltando in sottofondo la canzone “Emilia Paranoica” degli ex- “CCCP Fedeli alla linea” non ha prezzo…. Pontenure (che prende il nome dall'omonimo corso d'acqua: il Nure) è uno dei pochissimi borghi attraversati internamente dalla via Emilia (gli altri tre sono Roveleto, Alseno e Calerno). Fino a dopo Bologna tangenziali e circonvallazioni renderanno il mio viaggio scorrevole e distante dagli ingorghi automobilistici di Fidenza, Parma, Reggio e Modena. Ogni indicazione stradale di città, o di provincia, è fioriera di ricordi di trasferte di calcio o di basket del mio passato “ultras”; oppure di qualche concerto fuori porta di quelli belli tosti, smarzi e molto underground. A Reggio Emilia abita Big Peter, un amico di vecchia data, che qualche volta mi ha accompagnato in pittoreschi on-the-road sulle strade del Sud-Est (cfr. “Adriatic Road 3”). Ma non è per questo motivo che in località Bassetta, una piccola frazione di Reggio, abbandono la "9" e mi dirigo con una stradina di campagna piccola e un po' curvosa verso sud. Cavriago, paesone di 9 mila anime, è famoso ai più per avere dato i natali alla cantante nazional-popolare Orietta Berti; invece, per me è straordinariamente essenziale visitarlo in quanto unico comune italiano ad avere una piazza con tanto di busto dedicati al rivoluzionario bolscevico Vladimir Lenin. La scoperta di una cosa del genere (una squadrata piazzona in stile socialismo reale, con al centro un vero e proprio busto raffigurante il compagno Il'ic) è avvenuta solo di recente e per caso. Pensare a tutti i miei viaggi oltre-Cortina (cfr. “Chronicles of East Europe”) per vedere siffatti monumenti nostalgici, quando ce ne avevo uno ad appena 140 km di distanza…. Vita beffarda. Comunque pare che negli anni d'oro Cavriago fosse una roccaforte rossa, con il PCI che vinceva con quote “stra-bulgare”. La locale delegazione del Partito Comunista d'Italia si recava spesso in Madre Russia e in occasione del centenario della nascita di Lenin l'ambasciata sovietica a Roma donò questo busto al Comune emiliano. Una targa posta sotto il busto del Presidente recita a chiare lettere: “L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche alla popolazione di Cavriago. 1970”. Nell'occidentalissima e ahimè filo-americana nazione italiana trovarsi una piazza intitolata a Lenin con tanto di statua è un bel pugno nello stomaco, che sicuramente da lustri farà rodere qualche viscera a molti. Ma pazienza. Il busto di Lenin, posto qui da 46 anni, è sopravvissuto a tutto, dalla caduta del Muro di Berlino alla trasformazione del glorioso e rivoluzionario PCI negli attuali partitini socialdemocratici di centro-sinistra… Lo sguardo di Lenin, che volge leggermente in alto, verso il cielo azzurro emiliano non sembra aver smarrito la spinta ideologica della Rivoluzione d'Ottobre, come disse qualcuno negli anni addietro; ma, al contrario, sembra sfidare oggi più che mai il nuovo corso del mondo democratico.

    3 – La Via Emilia poco dopo la sosta di Cavriago riprende la sua inesorabile marcia verso sud-est. Telefonata all'amico Big Peter proprio mentre sto risalendo la tangenziale di Reggio Emilia. Come va, come non va, quando parti, quando ci vediamo, ci vediamo fra qualche giorno in Puglia. Perfetto. Fra Modena e Bologna il traffico si fa più intenso: è il tratto di statale 9 più caotico, nonostante varianti e circonvallazioni eludono le cittadine di Castlefranco e Anzola. L'ingresso di Bologna provenendo da nord è rappresentato da una gigantesca rotonda con al centro un'altissima statua raffigurante un gigante che si carica in spalla un camion. E' il “monumento” che rende omaggio al lavoro degli autotrasportatori. L'opera, alta 10 metri, è rivestita di fogli di alluminio saldati e ancorati alla struttura portante principale. Subito dopo c'è lo svincolo della tangenziale di Bologna, che costeggiando per molti chilometri l'A14 by-passa l'intero capoluogo emiliano. La veloce tangenziale termina nei paraggi di Ponte Rizzoli, dove un braccio di strada provinciale riporta verso la Via Emlia in località Ozzano. Ora paesi e cittadine vengono interamente attraversati dalla direttrice statale. Castel San Pietro, Imola, Castel Bolognese. Sono in Romagna e molti paesi sono addobbati dalle tipiche feste patronali o sagre varie con balli e orchestre in piazza. Ironia della sorte, la prima località by-passata da una variante è Faenza, sede della mia seconda tappa di questo primo giorno di viaggio. Per cui mi addentro nella cittadina ravennate, fioriera di molti ricordi. Ai tempi degli Alcooligans - il club ultrà al seguito della Edimes Pallacanestro Pavia (serie A2 maschile) attivo dal 2004 al 2010 - Faenza, dove ci giocava l'Andrea Costa Imola, era una tappa fissa delle nostre turné cestistiche. Raggiungevamo la città in treno e dalla stazione in poi, a piedi, il palasport; tuttavia, ci fermavamo sempre in una delle tante piadinerie che in questa parte d'Italia spuntano come funghi. La “Barachina de Zog dal Pall” di via Medaglie d'Oro era l'usuale sosta per rifocillarci di piadine, panini e bere bicchiere di vino sangiovese all'irrisorio prezzo di 60 centesimi l'uno. Tutta costruita in legno, dispone ancora oggi di due verande semi aperte d'estate, e chiuse nelle stagioni fredde. Alcuni anni dopo, durante uno dei miei primi viaggi in statale (cfr. “Adriatic Road 1”) tornai al chiosco e il prezzo al pubblico di vino della casa era aumentato a 70 cents….. A questo giro, invece, il chioschetto in questione è chiuso per ferie, per cui mio malgrado devo rifarmi su uno accanto, “La Magnuga”. Baracchina un po' atipica nel panorama romagnolo: oltre alle classiche piade, crescioni (grandi tortelli ripieni preparati con lo stesso impasto della piadina e cotti anch'essi sulla teglia ) e spianate (una specie di focaccia alta circa 4 cm ricoperta di rosmarino, un filo d'olio ed un pizzico di sale grosso), offre pizze più tradizionali e un repertorio alcolico decisamente più nazionale che romagnolo: la tarantina birra Raffo faccio fatica a trovarla nel Nord-Barese dalle mie parti, per trovarla invece in questa piadineria di Faenza. Mangio, così, una spianata e bevo la pugliesissima Raffo. Alla “California d'Italia” manca ancora un giorno di viaggio sulle strade statali, ma la Puglia ora è come più vicina…

    4 – Dopo la cena faentina il viaggio prosegue verso l'ormai prossimo capolinea della Via Emlia. Forlì e Cesena sono tagliate fuori da tangenziali a doppia carreggiata, Sant'Arcangelo è l'ultima cittadina attraversata della Val Padana. Già da tempo dai finestrini abbassati dell'auto penetra aria fresca, di mare, di estate già meno afosa e calda. Rimini è dietro l'angolo, così come il buio e la notte. La Via Emilia termina sulla circonvallazione esterna della città rivierasca, all'innesto con la “16”, la Statale che mi condurrà verso la California. La mia tappa notturna, un centinaio di km più a sud, è stata fissata ad Ancona (riassumo l'ultima tappa con due chicche: a) la città di Fano, dal centro storico molto bello, tutto cintato da antiche mura, che merita una camminata al suo interno – la statale ci passa in mezzo e quindi è impossibile da non notare; b) la piadineria “Bibi” di Marotta, proprio lungo la “16”, al centro del paesino marchigiano: me l'ha fatta conoscere il mio amico musicista Diego Pugliese e posso affermare che la piadina più buona d'Italia si mangia in questo locale!). Ancona non è solo l'esatta metà del viaggio. Ancona è una città che merita ogni volta che vi transito una serata a spasso fra le viette del centro storico e della zona del porto; e all'indomani, altra tradizione, un tuffo nelle bellissime acque cristalline delle Marche. Il bar del porto di Ancona presso il Molo di Santa Maria rientra di diritto nella mia lista di “baracci” sparsi in tutta Europa da Lisbona a Mosca. Non fatevi ingannare dalla terminologia “baraccio”, usata proprio in senso ironico: il Bar del Porto è un locale genuino, molto popolare, proletario, che graffia su certi locali un bel po' più fighetti che si possono incontrare camminando per i corsi della città vecchia. Spesso sede di eventi di musica live molto underground e alternativi, ospita giovani, ragazzi, ragazze, ed è covo dell'Ancona più “antagonista” (redskins, militanti, ultrà dell'Ancona Calcio, ecc.). Il Centro si gira bene in una notte. Ancona ai molti potrà apparire una città ricostruita e quindi “finta” (molti palazzi storici sono stati riedificati al termine dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, nda), ma le atmosfere di luci/ombre e le infinite salite strette e caratteristiche della Città Vecchia vi faranno dimenticare questo dettaglio. Merita la scarpinata alla Cattedrale di San Ciriaco. Una salita pazzesca da fare con la prima marcia ingranata del vostro quattroruote, o se a piedi assicurando l'anima a dio (per i credenti) o a un buon rianimatore pneumologo (per gli agnostici come me). Ma dalla vetta più alta di Ancona si domina tutta la costa adriatica fino alla lontana riviera romagnola e il colpo d'occhio è davvero indescrivibile.

    5 – Ad Ancona pernotto sempre all'Hotel Dorico, un albergo economico, carino, pulito, che sorge davanti alla stazione ferroviaria centrale. La stazione è un po' fuori dal centro: sorge lungo la vecchia Via Flaminia per Roma (la statale 16 scorre esterna alla città, da Falconara bisogna fare un pezzo di S.S. 76), ed è tradizione ormai da qualche anno in questi miei on-the-road verso il sud-est fare colazione al mio risveglio al “Caffè Espresso” - un baretto elegante e raffinato (un po' in contrasto con la gente che vive di notte in piazza stazione, nda) - in compagnia di Mosè, un amico pugliese di vecchia data che vive in provincia di Ancona e fa il veterinario. Mosè mi ha fatto conoscere scorci molto belli di questa città, che fino a poco tempo fa per me era soltanto lo “step” che indicava la metà del viaggio su quella dannata autostrada. Uno di questi scorci che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere e ammirare è la zona delle grotte giù dalla scogliera di Parco del Cardeto. Ci si arrampica fino a uno punti più alti della città, subito alle spalle della cattedrale. Un sentiero porta giù a un golfo, poco conosciuto, dove molti anconetani e pescatori hanno ricavato delle rimesse scavate nella roccia. La zona è scogliosa, ma il mare, considerando che subito dietro sorge uno dei Porti più grandi di Italia, è veramente bello e cristallino. Mosè mi presenta Auxilia, sua sorella, ragazza molto solare e intelligente. “Mi ha detto Mosè che tu non viaggi in autostrada, ma stai andando giù in Puglia percorrendo solo strade statali. E' vero?” mi domanda con un bel sorriso. Ricambio. E comincio a raccontarle dei miei viaggi, del perché non prendo più quelle dannate strade private a pagamento e di come sia più bello percorrere le vecchie strade di una volta, vedere scorci e borghi dimenticati, fermarmi in un baretto lungo la statale, entrare dentro, ascoltare i vari dialetti italiani, bermi qualcosa e ripartire. Sensazioni che le alienanti autostrade non danno. E poi per me il viaggio non è solo mero spostamento fra due punti geografici; è molto di più, è parte integrale di una vacanza, è scavare e attraversare le maglie della terra, percorrere un Paese vasto ed eterogeneo, da cui le moderne autostrade ci hanno distaccato e fatto perdere il contatto con esso. Mi fermerei ad Ancona a parlare tutto il giorno con Auxilia, dei miei viaggi, dei suoi, dell'estate ormai alla fine, di tutto e di più, ma purtroppo la California chiama e la statale 16 non si percorrerà mai da sola. Dopo mezzogiorno devo rimettermi in marcia, e salutando i miei amici (con la promessa, ovviamente, di rivederci al prossimo on-the-road stradale), corro a riprendere la “16” nei pressi di Osimo e poi, via, direzione sud-est lungo tutta la costa adriatica.

    6 - Lo Snack Bar di Porto Sant'Elpidio oggi è affollato come non mai. Sono nel cuore delle Marche, al confine fra le province di Macerata e quella di Fermo. Bizzarri monumenti mi hanno salutato alle rotonde nel cuore di ogni città da Ancona a qui. Nessuna circonvallazione: sulla costa a sud del Conero si passa dentro ogni posto. Ma ho incontrato anche scorci belli, chiese medievali, edifici civili e religiosi di notevole fattura e imponenza (come il Santuario di Loreto). Sabato, giornata di mare. E infatti il traffico è incessante sulla statale 16 per la California. E fa caldo. Dannatamente caldo. Ordino una Peroni ghiacciata dentro il locale. Un ragazzo con il voto pieno di piercing me la serve in un boccale grande quanto la mia sete. Fra giocatori incalliti di carte, uomini che guardano la gara olimpica di canottaggio in tv, un sorso di birra e l'altro, appare una bella ragazza dai lunghi capelli neri. Chiama “Amò” in un buffo accento marchigiano il tizio dietro il bancone, che ora sta servendo un tizio dalla faccia così sconvolta che appare appena scappato dalla guerra del Donbass. Peccato. Lei me la sarei portata volentieri sulla spiaggia più sotto a confutare l'Est Europa al di là del mare e a raccontarle che sto raggiungendo la California d'Italia sulla route 16. I tedeschi vincono l'oro. io guardo l'ora. Voglia di restare e di fermarmi in ogni bar lungo la statale a bere birra e a conoscere qualcuna. Chilometri. Sono tanti. Interminabili. Ma non mi importa. Le auto sfrecciano. Devo ripartire. Fumo una sigaretta. Bevo un sorso di amaro nascosto sotto il sedile. Fa ancora più caldo. Sentire la Puglia, addosso, dentro, e non riuscire ancora ad averla. Il pensiero a una donna, perché c'è sempre, anche se non c'è fisicamente; ogni volta è dentro la testa, con volti diversi e nomi differenti, ma sempre la stessa. Guardo la lunga e infinita statale sotto il cocente sole di oggi. Viaggerei all'infinito.

    7 – Il confine con l'Abruzzo si avvicina lentamente lungo la statale 16 che continua imperterrita ad attraversare cittadine più o meno grosse. Dopo i lidi di Fermo, è la volta di Porto San Giorgio, Pedaso e Cupra Marittima. Nei pressi di Grottamare la statale scorre a ridosso del mare. L'unica sosta in questa zona me la concedo a San Benedetto del Tronto, ma non per ammirare né le belle spiagge di Porto d'Ascoli, né la milleseicentesca cattedrale di S.Maria della Marina. Nella parte sud la "16" esce leggermente dall'agglomerato urbano e prima di trasformarsi in una superstrada che taglia fuori il traffico dello svincolo autostradale e dell'innesto con la statale 4 (“Via Salara”) per Roma, passa nei paraggi di via dello Sport, dove sorge lo stadio “Riviera delle Palme”. Pochi appassionati o addetti ai lavori riconoscono subito l'impressionante scritta, posta sul versante nord della struttura nel settore popolare casalingo, dove campeggia “Il tempio del Tifo”, autoproclamato titolo da parte degli irriducibili “Ultras Samb”. Seppur con qualche riserva, il tifo sambenedettese storicamente merita questo appellativo per il calore e il tifo accesso che la curva “Massimo Cioffi” mette in ogni partita casalinga della squadra rossoblù, dallo storico glorioso passato in serie B, all'attuale presente in C. Ho avuto la fortuna di assistere a una partita nel “Tempio” solo una volta, in occasione di una trasferta del Pavia Calcio, anni fa: all'epoca vidi proprio in prima fila gli Ultras Samb in azione, con un tifo incessante e caloroso per tutti i 90 minuti di gioco. Sarà da malati di calcio fermarsi a farsi un selfie sotto il settore casalingo del gigantesco stadio, ma concedersi una breve camminata attorno ai cancelli chiusi e le gradinate vuote del “Tempio del Tifo” non lascia indifferente neppure i detrattori della cultura ultras. Provare per credere.

    8 – All'ingresso del comune di Martinscuro un cartello dell'A.n.a.s. mi fa capire di essere appena entrato in Abruzzo. La statale “Adriatica” scarta le prime cittadine di mare passando nell'entroterra (Alba Adriatica e Tortoreto), prima di condurmi all'ingresso di Giulianova. Niente circonvallazione nella città teramana. Il traffico si accartoccia ai numerosi semafori, ma il caldo torrido di un pomeriggio agostiano (unito alle birre che mi sono scolato nei baretti fra Ancona e Fermo, e a qualche sporadico sorso di Fernet che tengo nascosto sotto il sedile al mio fianco) ora è insopportabile. Così, dirigendomi verso il Lungomare Spalato, decido di concedermi un bagno e mezz'ora di relax. Sono le sei di pomeriggio, alla California manca ancora un bel po'; ma ormai arriverò quando arriverò. La litoranea sud di Giulianova è sabbiosa, con un bello spiaggione che accompagna verso il bagnasciuga. L'acqua dell'Adriatico da queste parti non è bellissima o cristallina come altrove, ma ha lo stesso potere refrigerante tanto ricercato. Niente, il tempo quasi di acclimatarmi che è ora di ripartire, perché voglio arrivare a Vasto per cena. E in più c'è da passare Pescara. Non mi spaventa il caotico traffico di Pescara, perché c'è una comoda tangenziale che la by-passa da nord a sud. Il problema della tangenziale di Pescara è che è un casino assurdo andare a beccare la s.s. 714 (l'asse attrezzato che diventa poi tangenziale a doppia carreggiata) fra le viette e le salite di Montesilvano. Ma andiamo con ordine. Mi rimetto in marcia, lascio Giulianova, percorro la "16" che a tratti diventa tutta bella alberata e carina, passo in mezzo a Roseto degli Abruzzi, maledetti rosetani del basket che quella trasferta ci presero a sassate il pulmino, apprezzamenti mentali alle loro madri e alle loro sorelle, Scerne, Villa Fumosa, Pineto, il buffo centro commerciale che ha la gigantesca insegna ad arco che sovrasta tutta la strada, Foggetta dal toponimo che mi sussurra che la Puglia si avvicina, Silvi Marina, Montesilvano e quel ricordo di una vacanza di tanti anni e chilogrammi fa in campeggio. Montesilvano, appunto. Il malefico bivio subito dopo il ponte del fiume Saline mi frega sempre. La 16 continua dritta, si dirige verso la città, mentre cartelli direzionali indicano a destra per la “s.s. 16 bis”. Ma dopo un paio di rotonde e di incroci a raso le indicazioni spariscono e io tutte le maledette volte mi trovo a vagare per le strade trafficate di questa città di oltre 50 mila abitanti, divisa fra Montesilvano Colle e Montesilvano Marina. Inutile dire che chi non viaggia in autostrada come me, per ovvi motivi, non viaggia neppure con un navigatore a bordo; di fermarsi a chiedere ad un passante, o a una bella ragazza alla fermata di un autobus urbano, manco per l'anticamera del cervello. Devo farcela da solo. L'iracondo balletto per trovare l'uscita dal labirinto montesilvanese termina quando in fondo al lunghissimo viale Vestina azzecco finalmente la rotonda che si immetta sulla “714”. Dopo una salita e l'imbocco di una galleria Pescara e Montesilvano sono archiviate. La strada diventa a quattro corsie divise da un battistrada centrale, e in pochi minuti, percorrendo l'anello della città, sono per le vie di Francavilla al Mare, provincia di Chieti.

    9 – Dalle parti di Ortona e di San Vito Chietino il percorso della statale 16 si fa un po' tortuoso. Attraversiamo alcune alture collinari; e mentre Ortona è tagliata fuori da una circonvallazione esterna, Marina di San Vito è invece attraversata internamente. Transitando da queste parti mi fermo sempre ad una piccola località denominata “Promontorio Dannunziano”. Il promontorio è costituito da una scarpata molto ripida che si affaccia sul mare, posto nella costa dei Trabocchi (località Portelle). Posto molto caro al poeta Gabriele D'Annunzio (originario di queste zone), dove vi ambientò, tra l'altro, il suo “Trionfo della Morte” (1894). Al di là dei rimandi storico-letterari, il Promontorio Dannunziano domina una bellissima veduta su una costa dell'Adriatico spoglia, selvaggia e molto bella da ammirare. Dopo Fossacesia la pianura riprende il controllo, e la 16 riprende il suo percorso litoraneo e pianeggiante. Ma per poco. A Casalbordino puntiamo bruscamente nell'entroterra, in direzione autostrada; nella zona di Porto di Vasto la "16" si riaffaccia al mare, correndo lungo la litoranea di Marina di Vasto. Io, invece, percorro la stradina che mi porta a Vasto Alta, dove sorge il centro storico, che guarda caso, però, ripercorre in parte l'antico percorso.

    10 - Vasto. La statale 16, come già detto, passa più giù, a Vasto Marina, e la città alta mi è sempre sfuggita dai finestrini dei miei on-the-road verso la “California”. Oggi, a caccia del Brodetto, ho fatto una piccola deviazione. Il brodetto è una specie di caciucco all'adriatica, una zuppa di pesce molto nota da Fano in giù, con varie denominazioni e varianti locali. Vago per il bel centro storico (ornato dal millecinquecentesco Castello Caldoresco alla Cattedrale di San Giuseppe di viette piene di locali, trattorie, tavolini affollati di gente) alla ricerca di questo “Brodetto”. Ma in un posto non ce l'hanno, in un altro l'hanno finito, in un altro ancora mi dicono che è solo su ordinazione, ecc… Alla fine il Brodetto non l'ho trovato: ma ho trovato storie di pescatori vastesi d'altri tempi raccontatemi dal trattore dell'osteria “A' la petit Fleur” in via Marchesani, dove ho cenato a base di spaghetti allo scoglio, frittura di pesce e vino bianco della casa a una cifra sotto i venti euro. Bella Vasto. Dopo Termoli, "scoperta" nell'ultimo on-the-road di giugno (cfr. Adriatic Road 4), un'altra perla del medio-Adriatico. Mi perdo fra le sue viette, i suoi suoni, i suoi belvederi dall'alto. Tanto che si fa una certa ora. E di strada statale fino a Barletta ce n'è ancora tanta. Ma non per me. Mi terrà sveglio un pacchetto di sigarette ormai alla fine, un fondo di bottiglia di amaro, la Livietta che viaggia con me, e l'ossessione costante di cercare poesia e malinconia laddove gli Uomini non sono capaci di vedere la bellezza che c'è.

    11 – Per tornare sulla statale 16 c'era da tornare indietro, più o meno al bivio di Torre di Vasto. Io esco dalla città dalla parte opposta donde sono entrato, convinto ci sia una discesa verso la costa. Invece, una strada provinciale collinare mi propone un lungo sali e scendi prima di condurmi al centro di San Salvo. Con un po' di orientamento raggiungo la 16 nei pressi di Montenero, che è già Molise, l'ultima terra di mezzo prima della tanto agognata Puglia. Un po' per l'ora, un po' per altro, il traffico ora si fa veramente rado. Termoli è dietro l'angolo , ho già spiegato che è una bella cittadina, mi fermerei volentieri a farmi una birra nel suggestivo centro storico, che a mo' di penisola si affaccia sul mare. Ma si farebbe veramente tardi, e con un occhio all'orologio sul cruscotto dell'auto e dopo un rapido calcolo mentale, mi accorgo che già così arriverò a casa a notte fonda. A malincuore tiro dritto. Tangenziale di Termoli, e in un attimo sono a Campomarino, ultima cittadina prima del confine con la “California”. Notte buia, oscurità pesta, poche auto e paesaggio già diverso, disabitato e lugubre. Il vecchio tracciato della 16, una volta, si staccava dalla litoranea, e puntava verso Serracapriola, una cittadina posta sulle colline daune: ecco perché al confine fra Molise e Puglia il chilometraggio all'improvviso “salta” di una 50ina di chilometri, passando improvvisamente da 550 e qualcosa a 600 e qualcosa. Il Molise ha aggiornato il kilometraggio sul nuovo e più veloce percorso, mentre la Puglia ha mantenuto quello “storico” (le due statali, la nuova 16, e la vecchia 16/ter si ricongiungeranno poi solo a San Severo). Il ponte sul piccolo rigagnolo che alla mia sinistra sfocia in mare, subito dopo la ferrovia, segna il confine con la Puglia. A segnalarlo il cartello dell'A.n.a.s. che recita: “Compartimento della viabilità per la Puglia”. E' il confine di Stato con la “California d'Italia”: Perchè Puglia è California? Mi hanno chiesto in tanti leggendo i miei viaggi in statale verso il Sud-Est. Se siete arrivati fin qua, be', la risposta adesso potete intuirla. La forma semi-peninsulare della Puglia (prendete in considerazione anche la parte messicana di quella originale) e il clima mediterraneo richiamano un po' il prototipo nord-americano. Ma non è neanche questo (e neppure altre cose, come la produzione di vini d.o.c. dalla Daunia al Salento). E' la trasposizione di un lungo viaggio in statale, una sorta di route 66 all'italiana, verso una Terra lontana, irraggiungibile al solo pensiero di viaggiare su vecchie e scalcinate strade; ma nello stesso tempo agognata, in quell'alone romantico da viaggio “vecchio maniera”, quasi alla “far-west”. Immaginate quando non c'era l'Autostrada, o l'Autostrada c'era solo per un pezzo. L'unica via di mezzo possibile per raggiungere il Sud-Est, o per dar modo agli immigrati del Nord di tornare a casa per le vacanze, era solo la “16”. Per raggiungere la California, sulla mitica kerouakiana 66, temerari automobilisti affrontano le più disparate distanze, paesaggi, territori, città che li separano da quel sogno, da quell'utopia di raggiungere la costa pacifica. Io, nel mio piccolo, rifiutando categoricamente le autostrade (sono asettiche, alienanti, private, gestite da S.p.A. che esigono un pedaggio, ecc.), cerco di riportare sulle vecchie nazionali di una volta il senso del Viaggio attraverso un Continente (l'Italia), fatto di dialetti, di culture, di folklori, di paesini, di province, di pianure, di coste, di baracci, di scorci ormai abbandonati e dimenticati dall'assuefazione collettiva che abbiamo per l'Alta Velocità. E la meta finale è quella California (Puglia) che i pionieri dell'Ottocento o i viaggiatori on-the-road dell'epoca moderna sognano di raggiungere a tutti i costi.

    12 – Il cartello “Puglia” non significa affatto di essere arrivati a casa. Tempo di un retorico selfie e ci sono ancora quasi 150 km a casa mia. Perché la Puglia è una delle regioni più “lunghe” di Italia, e addirittura per i turisti diretti in Salento, essere a Chieuti, significa solo essere poco oltre la metà del viaggio. Si apre il Tavoliere delle Puglie, una piatto deserto verde dove le uniche forme di civiltà sono le luci dei paesini lontanissimi sulle colline del promontorio Gargano che sorge alla mia sinistra. Di solito nei pressi di Poggio Imperiale il vento non risparmia alcun viaggiatore, e molto spesso violenti nubifragi sorprendono automobilisti e camionisti. Io ne so qualcosa (cfr. Adriatic Road 4). Gigantesche e scioccanti pale eoliche caratterizzerebbero il paesaggio lunare attorno, se il buio non oscurasse tutto. Poche stazioni di servizio, messe giù in mezzo al nulla, con baretti di ristoro e officine aperte 24 ore che ricordano molto quelle stazioni di carburante dei film americani imperniati sul caro tema del viaggio verso l'Ovest. Il tratto San Severo – Foggia è uno dei più pericolosi di Italia, per il numero di incidenti annui mortali; bisogna avanzare cauti e con gli occhi aperti, nonostante i primi fastidiosi colpi di sonno. La tangenziale di Foggia mi fa raggirare l'ultima grande città del mio percorso. Poi direzione Barletta, e al km 730 c'è San Ferdinando di Puglia, capolinea. Ci arrivo che sono alle 3 di mattina. Non so più da quante ore e persino da quanti giorni sono in viaggio. Ma sono arrivato. Stanco, stremato, ma soddisfatto come ogni volta. Viaggiare in statale è tutt'altra cosa rispetto a percorrere le autostrade, tutte uguali, con un paesaggio omogeneo e standardizzato dall'inizio alla fine. Oltre al pedaggio, i carburanti costano di più, il cibo negli autogrill costa di più, in caso di colonne o incidenti sei intrappolato in interminabili code da girone infernale dantesco senza poter prendere altre deviazioni o tornare indietro; con i soldi del pedaggio Milano-Cerignola (arrivato ormai alle soglie delle improponibili 60 EURO!) mi sono pagato il piccolo alberghetto ad Ancona (30 euro), la cena a base di pesce di stasera a Vasto (20 euro), e un paio di birre ieri sera al bar del Porto (8 euro). Gli extra (i pranzi a base di scatolette di tonno o di carne, acquistati prima della partenza) li recupero dal risparmio del carburante, perché il consumo di g.p.l., ovviamente, in statale è sicuramente inferiore che su quelle maldette “high-way”, dove se non corri come un pazzo a 130 km/orari lo scemo di dietro in Bmw o in autotreno comincia a farti i fari tipo luci stroboscopiche di discoteca. Tutto il resto (la serata nella città dorica, i bagni ad Ancona e a Giulianova, la sosta a Cavriago ad ammirare il busto di Lenin, la piadina al baracchino di Faenza ricordando i vecchi anni delle trasferte ultras, la foto ricordo al “Tempio del Tifo di San Benedetto”, ammirare la città murata di Fano e le viette del suo bel centro storico, perdersi con lo sguardo nel mare Adriatico dal Promontorio di D'Annunzio, cercare fra le viette incantevoli di Vasto il mitico brodetto alla vastese, ecc. ecc. ecc.) lo offre gratuitamente la strada statale. Ma c'è dell'altro, la cosa più importante. L'autostrada ti toglie il contatto con il mondo. Le strade nazionali, invece, attraversano tanti posti. Tante città. Tante storie. Tante vite. Persone che si incontrano. Persone che si lasciano. Una vita che muore. Una vita che nasce. La vita che continua, inesorabile. Facce, volti, parole dette, parole mai dette, rimorsi, rimpianti, disillusioni, scrittori del proprio destino, semplici comparse, attori di questo gigantesco palcoscenico chiamato Mondo. Ecco perché #iononviaggioinautostrada , e le mie autostrade sono le statali di una volta e i miei autogrill sono i baracci lungo di esse.

Review the complete topic (launches new window)