MIRKO CONFALONIERA


Replying to ADRIATIC ROAD 4

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  1. Posted 22/6/2016, 19:06
    primo%20p(326)

    PROLOGO - Odore di asfalto, di catrame, di terra, di vento, di grano maturo nei campi. Aria che penetra dai finestrini, una canzone all'autoradio, un pacchetto di sigarette quasi vuoto sul cruscotto, la foto di Putin appena accanto, la cagnolina di peluche Livietta sopra il sedile, una bottiglia di fernet sotto, il ricordo di Lei stanotte, il suo profumo, la sua pelle, le sue mani, le mie, il suo ricordo, città, paesi, bar, l'acqua del fiume che sale, l'acqua del fiume che scende, avanti, indietro, la Val Padana come un infinito deserto, e una strada la percorre tutta, e sopra quella strada una macchina che corre, ed io, io che di notte sogno, sogno ad occhi aperti foci a delta dove terra e mare si confondono, città che galleggiano sugli oceani, notti che non vogliono finire mai, e l'Italia, l'Italia, l'Italia tutta attraverso strade statali, soste, tappe, una sigaretta, un caffè, lunghe highway americane, cieli azzurri, cieli stellati, cieli nuvolosi, verso la California, verso est, verso sud, verso me. Polesine. Ancona. Puglia. Tutto in strada statale. ‪#‎iononviaggioinautostrada‬ perché io amo Viaggiare. E raccontare.

    1 - Da qualche parte nelle “Badlands” alle foci del Po. Motel lungo la statale Romea, in mezzo al nulla, al caldo, alla laguna, alle zanzare. Smarzo, scalcinato, 20 euro a notte, senza aria condizionata, con la wi-fi che va e che viene, con la tendina della doccia che resta aperta e si allaga tutto il bagno, con l'acqua ghiacciata. Insomma, motel di quelli che piacciono a me, tipici di on-the-road interminabili lungo strade statali. Oltre 300 km ad est da Pavia, lungo il fiume Po, attraverso una Val Padana, oggi, che sembrava non finire mai. Catrame, asfalto, auto, camion, logistiche, borghi medievali, paesi, città, campi di grano, boschi. Sole, caldo, un pacchetto di sigarette, musica all'autoradio, ogni tanto un sorso di fernet, miraggi di una route 66 padano-americana. Calda, terribilmente calda, pure quella. Prima sosta, come sempre, al “Bar del Camionista”, a Pessine Cremonese, un must ormai. Caffè e sambuca, grossi T.i.r. parcheggiati fuori, e grossi T.ir. che sfrecciano sulla statale Cremona-Mantova. Proseguo. La Pianura Padana è un piatto deserto verde, di latifondi, cascinali, capannoni. Tangenziali, svincoli, varianti oppure cittadine attraversate internamente. Arriva Mantova, il colpo d'occhio dall'altra parte del fiume Mincio, che qui si allarga talmente tanto fino a diventare un vero e proprio “lago”, è stucchevole e merita una sosta e una foto. Skyline mistico e magico, sogno padano di come questo deserto vorrebbe essere ma che non è. La statale 10 è ancora lunga, sembra infinita, passo il confine lombardo-veneto fra Castel d'Ario (cittadina nota per aver dato i natali al pilota Tazio Nuvolari: c'è una statua in una piazzetta interna che lo omaggia, nda) e Bonferrato. Il confine non è solo geografico, lo scenario cambia e radicalmente: schiere di mobilifici, outlet, grandi magazzini, uno in fila all'altro, nella zona fra Nogara, Cerea e Legnago prendono prepotentemente il posto dei latifondi di frumento e dei trattori nei campi. Insieme a qualche bandiera della ex Repubblica Serenissima che sventolano beffardamente nei giardini (niente tricolori per la nazionale Italiana impegnata negli Europei di Calcio, qua come recitano alcune scritte sui muri è: 'Repubblica del Veneto'). Dopo Legnago attraversiamo la bella e ridente Montagnana, un bel borgo medievale ancora cintato da alte mura, poi la “10” diventa variante, fino a Monselice e all'intersezione con la s.s. Adriatica: alla mia sinistra le alture dei Colli Euganei, davanti a me una colata di catrame protesa all'infinito; del mare Adriatico, miraggio di sensi e utopie, nessuna traccia, ma l'aria è diventata più fresca, più dolce. Arrivo sulla statale Romea alle otto di sera circa. E' la strada più pericolosa della penisola, dicono, per il numero di incidenti mortali annui. Qui, in questa parte di mondo, è l'unica direttrice che collega Venezia con Ravenna e poi con la dorsale adriatica (ss 16) oppure con la via Tiberina (ss 3bis) per Terni (-Roma), per cui tutto il traffico dal Nord-Est verso il Sud si riversa su questi 120 km di strada statale che costeggiano la Laguna, le foci di Brenta, di Adige, del Delta del Po, le Valli di Comacchio, i Lidi Ferraresi e infine la Romagna. Attorno al motel, al chilometro 99 della statale, c'è un piccolo borgo, disabitato. Quattro case, spente e vuote come le mie energie. Sui muri degli edifici scritte inneggianti da una parte al Veneto Front Skinheads e dall'altra all'Anarchia come nuovo ordine. Parcheggio fra due-tre macchine, non di più. Il motel ha tutte le vetrate oscurate da lunghe mantovane, si entra dal contiguo bar-ristorante. Un gruppo di ragazzi sono seduti sui tavolini fuori a bere birra, mangiucchiare qualcosa, e a parlare di politica, sport, e dell'estate alle porte. Reception improvvisata nel salone ristorante. Mi chiamano un tizio grosso, robusto e con lunga barba grigia. “La camera che ha prenotato non c'è, le diamo questa, che costerebbe anche di più”… Non batto ciglio. Numero 3, primo piano, l'ultima in fondo a sinistra. Rombi incessanti di camion e di auto dalla strada sotto la finestra. Niente zanzariere. Niente aria condizionata. Stanotte sfuggire all'insonnia sarà una lotta pari alla guerriglia in Donbass. Metto qualcosa sotto i denti, frugando nella borsata di cibo recuperata in un discount lungo la strada, dalle parti di Sanguinetto, dopo Mantova. E birra. Ovviamente calda. Vado giù a gustarmi un po' di odore salmastro delle paludi e un goccio di fernet. Mi accendo una sigaretta. Una ragazza, bella, molto bella, passeggia e fuma anche lei nel cortile a pochi passi da me. Resto a guardarla. Tiro dopo tiro. Attimo dopo attimo. Delineamento dopo delineamento. Incessantemente. Si accorge di me, ma non batte ciglio. Non so se sta aspettando qualcuno oppure è lì a fare il lavoro più vecchio del mondo. In entrambi i casi avrei una pazza voglia di portarla su in camera da letto e vedere se in due si riesce ad ammazzare noia, tempo e caldo. Strada per Chioggia. Verso Sud. Ponte sulla laguna, che sembra di attraversare un Oceano. Chioggia brilla di mille luci, un'isola galleggiante su un mare che c'è e non c'è. Una piccola Venezia, fatta di calli, canali, ponti ad arco, gondole, chiesa simil-San Marco, e la stessa identica malinconia e tremenda bellezza di perdersi sotto i portici dei suoi vicoletti. Ricordi, di Chioggia, di estati fa, forti, tremendi, difficili da mandare via. Le spiagge di Sottomarina, dall'altra parte, quella luna in cielo di allora, la stessa di oggi, la stessa identica voglia di averla qui. Che due coglioni... Debolezze e tentennamenti romantici spazzati via da una birra allo Space Bar, più giù, a Rivà, nei pressi del Po di Levante. E' uno dei miei tanti baracci sparsi in Est Europa di cui ho avuto modo più di una volta di raccontare. Sì, proprio così, “Est Europa”, perché il Delta Padano, con le sue idrovore di cemento grigio, le sue praterie verdi infinite e quel senso di terra e acqua che si mescolano è il primo baluardo di Est in Italia. Dentro si canta karaoke e si balla. Fuori, sotto il portico, si chiacchiera, si beve birra o semplicemente si prende una boccata d'aria. Fumo una sigaretta. Bevo una pinta. Ammiro l'incessante traffico sulla Romea, su e giù, su e giù, su e giù, come le onde del mare. Appena oltre l'ultimo ramo di Po inizia l'Emilia e la strada corre giù, verso sud, verso mete che domani dovrò inseguire e raggiungere attraverso questa parte di Italia del Nord al confine fra mondi molto diversi fra loro. Ma per stanotte la strada mi riporta al motel, verso Venezia, dove passare la notte, guardando le stelle, ascoltando due ragazzi seduti fuori che parlano del futuro, la televisione che recita le stesse cose di sempre, le stelle del cielo, le stesse che mi accompagnano in questo instancabile viaggiare e raccontare.

    2 - Ancona, Ancona, Ancona. Fanculo. Sembra Salonicco, questa Ancona, due anni fa, stesso periodo, stesso giugno, stesso caldo, stesso cielo stellato. Stessi ricordi, pensieri, notti insonni, voglia di averla qua accanto. Solo che stavo dall'altra parte del mare, allora, con Anthony atterrato con me a Tirana, una ragazza francesce di nome Farjia, conosciuta per caso sul pullmino da Skopie, in quel tour tutto on the road dall'Albania a Istanbul. Stessi pensieri per Lei, ovviamente, oggi come ieri, stessa Voglia, fra le mie mani, come ce l'avevo le notti di giorni e settimane fa. E invece fra le mie mani c'ho soltanto due birre Poretti da 0,66. Bar del Porto. Ancona. La zona più popolare della città. Birre, sigarette, profumo di hashish, odore di mare, di stazione, di container e di cemento e di acciaio. Portuali, passanti, auto, ragazze bellissime come le luci della costa e le stelle del cielo. La città vecchia dietro l'angolo, la luna alta nel cielo di Ancona Vecchia, si sente la Grecia, l'Adriatico, l'Est, il mondo nuovo, un bambino che piange, un gruppo di amici che brindano, una coppia che si bacia promettendosi amore eterno e fedeltà. Un sabato notte ad Ancona città, exclave dell Europa Orientale. Ci sono già stato un anno e mezzo fa. Risalendo la “16” in direzione nord. Era gennaio, faceva freddo, c'era l'inverno. Ma la stessa voglia di bere e di odore di porto e di mare. Allora ultras dell'Ancona calcio e chiacchiere sul PKK, su quanto stava accadendo in Grecia, su che Ancona guarda ad Est ma essendo dorica guarda a sud-est-sud, cioè alla Hellas. Oggi solo due belle ragazze dietro il bancone che mi servono birra, sorrisi e fantasie nella mia testa di quanto sarebbe bello fermarsi qui un po' di più. Ma sono di passaggio. Stamattina, pensandoci bene, ero sul Delta Padano. Caldo. Caldo. Umido. Caldo. Zanzare. E traffico. Colonna infinita sulla Romea in direzione Chioggia. Fin davanti al mio motel. “Eh! Vanno tutti verso il mare il sabato e la domenica!” mi fa la tizia dietro il bancone del bar del Giosuè Motel al chilometro 99 della s.s. 309. Mi serve cappuccino, brioche con cioccolato e una bottiglietta d'acqua frizzante. “Immagino!” mi limito a rispondere. Fanculo il traffico turista-di-massa. “Lei va verso nord o sud?”. “Sud!” rispondo. Che domande! Penso: ma chi cazzo va verso nord? A vedere che? Padova? Cittadella? Montebelluna? Cristo-di-dio è il 19 giugno, dopodomani è estate, non sono in Longobardia a farmi menate, ma qui fa un caldo già equatoriale, e la mia voglia di Sud dopo giorni e settimane di lavoro e di routine è insopportabile. Non sto lì a spiegare che sono diretto in Puglia solo percorrendo strade statali e che vengo da Pavia. Sarebbe difficile anche a me spiegare come un surreale itinerario Pavia-Puglia possa esser capitato qui in Veneto a pochi chilometri da Chioggia….. “Accidenti, mi spiace! C'è una fila! Però va e viene, a volte si spezza!”. La spezzo io. Auto, Matiz, autoradio, Livietta al mio fianco, foto di Putin sul cruscotto che sorride con gli occhiali da sole leggermente abbassati, occhiali da sole leggermente abbassati anche sul mio viso, berretto con visiera in testa con la scritta Birra McEwans, okay, sono abbastanza simile al mio alter ego letterario Paul Botta (cfr. "Badlands along Po river", Parallelo45 Edizioni), posso partire. Laterali, provinciali, ponti, campi, cartelli stradali. Vanno tutti a Sottomarina, penso, l'importante è passare Brenta, Adige e raggiungere i rami del Po. Ci riesco nei pressi di Taglio. Sono sulla Romea, ma per poco. Non riesco a snobbare il Delta. Il mio Delta. Scoperto due anni fa, per caso, guardando una mappa geografica e chiedendomi una noiosa sera pavese chiuso nella mia stanza a tirare l'ora di andare a dormire: “Ma che cazzo ci sarà qua?”. Sti cazzi, quello ci sarà. Svariati viaggi, ritorni, e altre cose già raccontate e descritte e annoiate nei miei “Badlands”: romanzo, blog e videometraggi. Tutti da qualche parte su internet per chi volesse (ri)darci un'occhiata. Ohhh! Porto Tolle, Ca' Tiepolo, cartello per Santa Giulia, la gigantesca ciminiera della centrale Enel, Isola Camerini, Po di Levante, Po di Venezia, Po di Goro. Tiro dritto. Poi, Barricata. La spiaggia. Una delle poche attrezzate del Delta (l'altra è Boccasette, a nord, mentre qui siamo nella parte meridionale, nda). Ponti, barene, bonelli, lidi. Ovviamente, Bagni Jamaica. Amo ripetermi, odierei fare il contrario. Chiosco su una spiaggia alla foce del Po, all'unione fusione amore fra il fiume più lungo di Italia e il mare più desiderato di Italia. Lettino, asciugamano, birra. Sole, caldo, bagno, sole, caldo, altro bagno. Non basta Nathan Never. Cuocio. Prima scottatura della stagione. Mai come quella di Cascais, Portogallo, quattro anni fa, ma ci siamo quasi. Starei a fare l'uomo aragosta tutto il tempo, mandando affanculo tutte le rotture di coglioni (e sono tante) degli ultimi tempi, ma Ancona non verrà da me se non alzo il culo e vado io da lei. Allora, bagno, ultimo, birra, foto, saluti, arrivederci, nostalgia di una notte d'estate con luna piena a sentire QUA un concerto degli ex Pitura Freska (giuro, bellissimo!), promessa di rivederci ad agosto, me ne vado, per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta senza aver conosciuto una Giovanna come in “Badlands” da essermi spupazzato in camera d'albergo (questa citazione è solo per lettori veramente aficionados!; nda). Asfalto, catrame, statale Romea, verso Sud. Ora si scende. Si passa il Po. E' Emilia. Le valli di Comacchio da una parte e i sette lidi ferraresi dall'altra (li sapevo elencare anche a memoria, un giorno. Appunto, un giorno, che non è oggi...). Ravenna, dopo un po'. E giù di ricordi. Invernali. Quella notte. Quella tappa di un “Adriatic Road” di gennaio, fra freddo e amari fernet e palazzi di città antichissima. Statale 16 per la California. Ma manca un'infinità. Mi spaventa il traffico di Rimini, ma passo indenne. Mi frega quello di Pesaro: colonna, semafori, traffico, vigili urbani. Cartello che indica palasport e qui per la digressione inerente ai passati di basket non basterebbe tutti i post che ho scritto da ieri fin qua. Andiamo avanti e facciamo finta che non sia mai esistita una trasferta a Pesaro, di qualche anno fa, quando gli amici non come oggi che ce ne sono tre o quattro ce ne erano a calendari, e tutti insieme si era nel club Alcooligans, pazzi deficienti scatenati tifosi in casa e in giro per l'Italia a dare i numeri e a scrivere pagine della mia memoria indelebili. Più bella Fano, o almeno più innocua. Colline da una parte, mare dall'altra. Freccebianche sulla ferrovia a sinistra, camion sull'autostrada a destra. Fanculo. A14 di merda. Io viaggio in SS 16. Arriva sera ed eccomi ad Ancona, città strana, magica, curiosa. Centro storico completamente ricostruito, finto e fasullo, che ho già visto e quindi evito. Alloggio in un hotel a due stelle in zona stazione ferroviaria e mi concedo solo il bar del Porto. L'Ancona vera. Quella del sabato sera, dei portuali, della darsena, delle navi in partenza per chissà dove, dell'aria malinconica dell'Est che si carpisce anche solo stando seduti a un tavolino fuori, sul marciapiede, a confutare le stelle, le luci lontane, la Ancona Alta, la Ancona Vecchia, la Ancona che vorrei ma non è, la Ancona che è Lei con un sms, un messaggio, un ricordo, un ti vorrei qua, un ma non posso dirlo, un ma perché non è tutto più semplice. Allora bevo, con la promessa che poi le scriverò un messaggio dicendole che le voglio bene. E sarà vero. Leggete di me e altre donne, spesso, non lo nego, e leggete di scene di sesso bello hard come all'hotel Cosmos di Chisinau (Moldavia) o in una camporella appena fuori Barletta; ma vaffanculo al primo che mi rompe i coglioni e mi domanda ma allora, ma come, ma qua, ma là, ma tutto il tuo "romantico e rivoluzionario" se poi la tradisci alla prima occasione? Risposta: ma andatevene che è meglio! Ci vuole una sigaretta. Ci vorrebbe anche quella ragazza che sola soletta a due tavolini più in là, che come me, è intenzionata a passare un sabato notte anconetano in solitaria. Ci vorrebbe qua, davanti a me, a chiederle come si chiama, cosa pensa e come sta. Ma è già ora di un'altra birra ed Ancona, nel frattempo, è più vecchia di un'ora. E un'altra ce ne vuole per tornare lentamente a piedi verso la piccola stanza d'albergo. Costeggiando il vecchio tronco ferroviario, chiuso, che collegava la Centrale con Ancona Marittima. Domani la statale 16 continua. Verso Sud. Verso la Puglia. Verso la California d'Italia. E io potrei stare qua scrivere romanzi, racconti, poesie, storie, ingiurie, bestemmie, epitaffi, sconvolgimenti, perché e per come. La strada, è là, appena fuori. E io devo proseguire. Oh sì, io devo. Il mio compito e dovere supremo non è stare qua, stasera, stanotte, a ubriacarmi di cazzate trite e ritrite e riportarle in ogni minimo delirio lessicale; è invece risalire fra qualche ora su quella macchina, metterla in moto e proseguire il viaggio. Sì. Proprio così. Proseguire il viaggio. Verso il Sud-Est. Verso la California. Perché io NON percorro. Io viaggio.

    3 - Ancona al risveglio ha dato l'addio al cielo sereno e alle bellissime stelle di ieri sera. Puntello con Mosè, il mio amico pugliese che vive in provincia, alle 10 alla caffetteria davanti alla stazione. Ordino cappuccio caldo e un cornetto ripieno. Viaggiare mi metto appetito. Mosè arriva puntuale. Saluti, convenevoli, strette di mani e abbracci, e in men che non si dica sono a bordo della SUA matiz, nera come la notte, perché l'amico insiste che vuole farmi vedere un posto in particolare. Giriamo a zig zag per le viette fra il porto e il centro, poi imbocchiamo gallerie, salite, discese e il mio senso dell'orientamento mi dice che ci stiamo dirigendo verso la costa orientale della città, quella che dà a strapiombo sull'Adriatico. E allora giù a parlare della Puglia, dei miei viaggi in Est Europa, del recente trip in Marocco e nel Sahara, del suo lavoro di veterinario e della sua bellissima cascina sulle colline attorno alla città. Una volta parcheggiati scendiamo uno stretto sentierino. Il colpo d'occhio è bellissimo, si domina tutto il mare davanti a noi, e il fondale delle acque è di un verde cristallino difficilmente trovabili da queste parti dell'Adriatico. E' così che Mosè mi fa conoscere un angolino, bellissimo, stupendo, mozzafiato, di una Ancona, che da solo non avrei mai scoperto. Una piccola baia, alle spalle della città vecchia, della cattedrale e della zona del porto, con tante grotte (adibite oggi a casette di mare) e un po' di scogli dove sederci qualche minuto a confutare le donne, i luoghi comuni sull'Est, le vacanze di agosto, e la mia statale per la "California". Si sta bene. Si respira vera aria. Si osserva un vero mare, un vero cielo, e in un attimo lo sguardo, accompagnato dal pensiero, fa capolino su quell'orizzonte davanti a noi, e oltre, oltre, oltre c'è l'Est, il mio Est, che mi manca, mi manca ogni volta che davanti a questo mare mi perdo in ricordi e rimpianti di bellissimi viaggi in quel continente così vicino, così lontano. Risaliti in cima alla città alta ringrazio Mosè per il bellissimo regalo e ci salutiamo; io riparto perché la statale 16 è ancora lunga, alla California di Italia mancano ancora un 300 km almeno, ma fino al confine, perché poi ce ne vorrà ancora.... E ogni tanto mi fermo, perché c'è uno scorcio da fotografare, un immagine da vedere, un pensiero da materializzare in questo lunghissimo viaggio verso il Sud-Est, iniziato 48 ore fa, che dà la sensazione di durare da una vita, ma bello, intenso, rigenerante on-the-road ovest-est-centro-sud. Baretti lungo la statale, terrazze sul mare, borghi medievali, scorci dimenticati, una sigaretta, un sorso di birra (calda), la cagnolina Livietta sul cruscotto, il santino di Putin appena sotto, l'idea, il miraggio, l'accesa e romantica utopia di raggiungere così la mia California, e all'autoradio una canzone che fa: “Io alla sera mi addormento / e qualche volta sogno / perché voglio sognare / e nel sogno stringo i pugni / e sto ad ascoltare / qualche volta sono gli alberi d'Africa a chiamare / altre notti sono vele piegate a navigare….” (cit.). No, nessuna e dico e sottolineo nessuna autostrada riuscirebbe mai a darmi tutto questo. Da qualche parte, lungo la statale 16. Per la California.

    4 - Uno strano cielo nero comincia a seguirmi. A Termoli volto lo sguardo verso nord e tutte le regioni che ho attraversato sono coperte da un manto scuro come la notte. Lampi all'orizzonte e anche fulmini che cadono nel mare. Meglio ripartire subito, il caffè che mi ero promesso di sorseggiare nella cittadella antica di Termoli sarà rinviato al prossimo passaggio. Statale 16 direzione sud, dopo Campomarino, finalmente il confine con la Puglia! Ma la gioia ha durata breve, molto effimera: i nuvoloni neri mi hanno raggiunto e, anzi, mi stanno accerchiando su più fronti. Solo il promontorio del Gargano, lontanissimo, è rischiarato dal sole. Ma io, sono sperduto sulla statale 16 e a Barletta mancano ancora un centinaio o più di chilometri. Proseguire si fa sempre più difficile. Prima qualche battuta di pioggia, più o meno forte, poi arriva il vento, e questo fa ancora più paura. Il cielo diventa nero in un istante: grossi nuvoloni bassi e scuri come le tenebre della Morte avvolgono tutto quanto in pochissimo tempo. E' una tempesta di breve durata ma dalla violenza devastante. Avanziamo tutti quanti cautamente in fila indiana, una colonna di auto in mezzo a una tormenta senza precedenti nelle mie memorie. Poi, il vento, già di per sé sempre abbastanza forte in questa zona di Poggio Imperiale e delle discese verso quello che è l'incommensurato Tavoliere delle Puglie, oggi, è fuori controllo, una furia della natura davanti alla quale noi uomini siamo poco più di formiche. La Matiz sparata sulla statale 16 sommersa dalla pioggia (e con una visibilità ridottissima) vibra una, due, tre volte. Ora sì, l'adrenalina sale un po'. Neanche quel grosso ramo che mi è volato mezzo chilometro indietro davanti al parabrezza e mi ha sfiorato di un soffio era riuscito a scalfirmi. Ma perdere il controllo, di tutto, non solo della mia auto, ma di tutto, è una delle cose che mi spaventa di più della vita... Le macchine procedono piano, mentre il vento e la pioggia aumentano ancora di intensità. Il Gargano è sparito all'orizzonte, così come le alture collinari dell'alta Daunia e le gigantesche e scioccanti pale eoliche che caratterizzano questa zona della Puglia del nord. Molte auto rallentano, alcune si fermano sotto ponti oppure si rifugiano nei pochi distributori lungo la “16”, in mezzo al nulla. Ci provo anche io, ma è un'impresa. L'area di sosta è completamente allagata, avanzo lentamente con le ruote che sprofondano in torrenti di acqua che corrono verso i campi. Intanto l'acqua e il vento e i tuoni e i fulmini ricordano che la Natura è ancora la padrona di questo pianeta e quando vuole sa mostrarci i denti e domandarci retoricamente a noi esseri umani: “Allora? Chi è che comanda?”. Fanculo. All'autoradio la chiavetta usb passa proprio in quel momento quella canzone d'amore, che a Lei piace tanto, piace così tanto che spesso quando finisce la canzone la rimanda indietro... Se devo cadere non lo farò come un topo in una stazione di servizio, lo farò lungo la strada, perché il mio senso di viaggiare e di vivere è quello! Riparto subito e avanzo, da solo, in una tormenta che penso non avrà mai fine. Gli dei degli atei mi danno una mano, e nei pressi della tangenziale di Foggia la burrasca allenta la presa. Sono l'unico praticamente a percorrere l'enorme anello che taglia via una città messa in ginocchio da un nubifragio estivo. Foggia sud e nuovo innesto con la 16. L'acqua è alle spalle, nello specchietto retrovisore osservo allibito per attimi interi lo skyline della città che sto abbandonando e dietro nuvole, strane nuvole.. Per un attimo mi immagino che una di questi abbia la forma arcana di una bestia immonda che mi guarda con due occhi neri come quelli del diavolo e con un ghigno malefico che sorridendo beffardamente mi fa: “Alla prossima, Paul Botta! -sembra dirmi- Ci rivedremo, non temere, sempre lungo una strada…...”. Fantasie… Il cielo torna lentamente sereno, gli ultimi tratti di statale Adriatica corrono velocemente e anche i pensieri e le paure nella mia testa si diradano velocemente..... Arrivo a San Ferdinando di Puglia (BT) alle otto di sera in punto. Sono passati cinque mesi dall'ultima volta che sono stato qui. Qui in questa cittadina lungo la S.S. 16, e qui in questa terra, la Puglia, che io chiamo “California di Italia”, per svariati motivi (la conformazione allungata e peninsulare verso il Salento; vitigni che offrono vini molto buoni e saporiti; ma soprattutto è “California”, perché, per i miei viaggi in Statale dal Nord-ovest mi immedesimo in quei viaggi on-the-road coast-to-coast americani lungo la mitica route 66). Cinque mesi, dicevo, cinque lunghissimi mesi dove sono successe nella mia vita tante cose e nulla, tante persone e nessuna, viaggi e ritorni sempre al punto di partenza. Cinque mesi. Eppure la sensazione è come se non me ne fossi mai andato. Quei giorni di gennaio sembrano ieri, sembra ancora qua, carichi di ricordi, a ricominciare un vissuto che qui in Puglia, pardon California, non sarà mai troncato a metà…

    5 - Questo lunghissimo viaggio di andata, iniziato due giorni fa, durato centinaia e centinaia di km, di sola strada nazionale, finisce così. Sono stati due giorni intensi, di viaggio, vero viaggio in auto a contatto con la terra, i luoghi, le città di Italia. Cose che le autostrade non possono e non potranno mai dare. Ho postato molti scorci, qualche pensiero, qualche scatto fugace… E molti altri ne avrei potuti postare e commentare. Perché di posti belli e meravigliosi viaggiando in statale se ne incontrano tantissimi, molti di più di tutti quelli che avete letto seguendomi in questo ‪#‎adriaticroad4‬ . Due anni fa, quando per gioco o scommessa, decisi di provare a risalire per la prima volta in statale, anziché con la A14, non avrei mai immaginato a cosa sarei andato incontro. Oggi, alcuni amici mi chiedono se in qualche trip possono unirsi, per provare le sensazioni che provo io. So, comunque, che in Italia ci sono altre persone che come me preferiscono viaggiare in strada statale per provare, appunto, il contatto diretto e genuino con un mondo, il nostro, che ormai si sta globalizzando e spersonalizzando sempre di più. Di viaggi nord-sud e sud-nord attraverso anche altre direttrici (la statale 17 e la s.s. 3, per esempio) ne ho fatti e rifatti, e ogni volta ho raccontato momenti e sensazioni che per me, e spero anche per voi, non sono mai stati ripetitivi o noiosi. Al contrario, il conformismo è noioso, l'omologazione, la standardizzazione. Viaggiare, come lo intendo io, così, prendendo una strada e costeggiando un fiume fino alla sua foce, o percorrendo una strada verso il mare, fermarsi nei baretti lungo il cammino, scoprire posti e scorci che ci stiamo dimenticando, camminare per città e borghi dalle atmosfere di una volta: no, questo non sarà mai deleterio. E' vero che ci vuole una eternità, giorni sprecati alle proprie vacanze e ferie. Ma il Viaggio, non è esso stesso una parte importante del senso di vacanza (e quindi libertà)? O è tristemente solo uno spostamento geografico da un punto all'altro del globo terrestre?…. Se ne convinco solo uno, di voi aficionados lettori, stasera, adesso, domani, vi giuro, è lo scopo del mio raccontare :-) :-) :-) ‪#‎iononviaggioinautostrada‬ #adriaticroad4 ADRIATIC ROAD 4. FINE.

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