MIRKO CONFALONIERA


Replying to ADRIATIC ROAD 2

  • Create account

    • Nickname:
  • Enter your Post

    •              
           
       
      FFUpload  Huppy Pick colour  HTML Editor  Help
      .
    •      
       
      Clickable Smilies    Show All
      .
  • Clickable Smilies

    • :huh:^_^:o:;):P:D:lol::B)::rolleyes:-_-<_<:)
      :wub::angry::(:unsure::wacko::blink::ph34r::alienff::cry::sick::shifty::woot:
      <3:XD:*_*:];P:XP:(:=)X):D:>.<>_<
      =_=:|:?3_3:p:;_;^U^*^^*:=/::*::b::f:

  •   

Last 10 Posts [ In reverse order ]

  1. Posted 4/7/2015, 12:03
    Strada_Statale_9_Via_Emilia

    1 - Una settimana di ferie. Lontano da tutto. E da tutti. Tranne che da Lei, che col pensiero è sempre accanto a me. Un furgoncino PK, una cassa di birra, una bottiglia di fernet, due pacchetti di sigarette, un'atlante stradale, l'amico Pablo, l'Italia da scendere e risalire solo con strade statali, la via Emilia, Ancona in notturna, la dorsale Adriatica, la Puglia, giorni di mare di prima estate, poi la s.s. 17, l'appennino Dauno, quello molisano, ciò che resta de L'Aquila, Antrodoco e la via Salaria, l'Umbria, la statale Tiberina e quella Romea, il Polesine, e raggiungere l'ultima sera Barricata, ai margini del Delta Padano e di questa valle, per il concerto degli Ska-j, osservando dal bordo del mondo che si affaccia sull'Oriente l'italia dei suoi chilometri di strade, paesi, città, storie, squarci, persone, racconti, aneddoti. Sù e giù per la nostra penisola, ma senza autostrade. Si parte.

    S.S. 10 PADANA INFERIORE - Pianura padana. Strade statali, odore di caldo, di asfalto, di umidità, di noia, di un sabato pomeriggio d'inizio estate. Fuori dal Mary Flowers di Castelletto Po l'Oste ci spilla un giro di bionde con più schiuma che quella che ci aspetta sui lungomari pugliesi a 800 km da qua. Ci sono anche Henry e Jitsu, un giro di amari, la solita routine di sempre, un week end che per me sa di on-the-road verso il Sud-Est, percorrendo solo strade statali attraverso una val Padana texana, calda, irresistibile e arida. Pablo arriva con il PK scarico, infatti nell'alimentari di Said facciamo il pieno di birre, grappe, salumi. A Montebello riempiamo il serbatoio di Gpl; abbiamo appena percorso qualche chilometro della SS 10 che ci accompagnerà fino a Piacenza, snodo dove prendere la Via Emilia per la riviera romagnola. Ma a Castel San Giovanni, qualche chilometro appena oltre il cartello fine provincia di Pavia, facciamo già tappa al baretto “La Sosta”, allegro locale all'imbocco della città. C'è una ragazza carina al bancone che mentre parla al telefono mi guarda dall'alto del mio berretto della mc ewan's e occhiali da sole, ai miei tatuaggi sulle caviglie. Un caffè, la prima cosa analcolica che bevo da stamattina, la bottiglia di amaro quasi alla fine, sigarette da ricomprare, una sciacquata nel lavadino del WC dietro la colonna vicino al piccolo telefono pubblico fra i tavoli nel retro locale. Caldo, caldo, caldo. Ci vuole una birra ceres, una delle tante che abbiamo sui sedili del PK di Pablo. Traffico lento, traffico intenso, rombi di camion, di auto, di pensieri, di ricordi, di ieri notte di io e di te lontani da tutto a guardare le stelle, il mondo, gli attentati terroristici dell'Isis, le carezze, le coccole, i carri armati, la vita che verrà, il sole dell'Est, Targoviste, i miei viaggi in Europa Orientale. Statale 10, nei pressi di Castel San Giovanni, sulle lunghe strade statali per l'Emilia, Ancona e la Puglia.

    VIA EMILIA - A Piacenza ci fermiamo al primo baretto sulla via Emilia. Non mi ricordo come si chiama, ma dietro al bancone c'è una ragazza giovane, simpatica e carina che ci serve subito due amari montenegri con ghiaccio. Fuori il caldo è letale, la città è deserta, l'aria è un brodo atmosferico irrespirabile. Più che un on-the-road padano-texano questo tour Pavia-Puglia su strade statali sembra un'esplorazione di terre marziane. Sul PK di Pablo abbiamo birra ormai irremidiabilmente calda, quasi da buttare. Allora un'idea: chiedo alla ragazza un bicchiere di plastica con ghiaccio dentro. Mi accontenta. Dentro il vano ghiacciato un paio di ceres tornano magicamente come acqua di un oasi in mezzo a un deserto sconfinato. Proseguiamo lungo la via Emilia, assetata e incagnita come un'estate impazzita che ci branca per il collo. A Fiorenzuola notiamo un baraccio vecchia maniera, età media molto alta, popolata da pensionati che giocano a carte e combattono l'arsura con bibite ghiacciate. Ci fermiamo e mentre Pablo attacca discorso con una tipa che ci racconta di sua figlia e delle sue disavventure sentimentali, io mi bevo un altro amaro con ghiaccio. Diciamo alla signora, molto simpatica, che siamo in viaggio dalla Lombardia alla Puglia on-the-road. Si preoccupa per noi, ci chiede quando arriveremo e a che ora. La rassicuriamo confidandole che stasera faremo tappa ad Ancona. Dopo Fidenza, che attraversiamo ma non con lo stesso sguardo ammaliato di Fiorenzuola, la via Emilia collassa e mi trascina con sé. Campagne, traffico, auto, camion, tutto d'un tratto diventano irrespiraibili. Chiudo gli occhi, e mi risveglio parecchi chilometri dopo. Parma è già centro storico, le sue eleganti viette porticate e il caldo che sembra alleviare un po' la morsa. In un baretto con tavolini fuori sul marciapiede e gente allegra che passa il tempo di un sabato pomeriggio uggioso, una barista sui cinquant'anni, dal tipico e marcato accento emiliano, ci serve birra e un paio di panini per alleviare i primi morsi della fame. Risaliamo sul PK e riprendiamo il count-down dei km della Via Emilia che si azzereranno solo a Rimini. A Reggio Emilia, lungo la circonvallazione esterna, cartelli stradali indicano la direzione per Modena, ma per la riviera romagnola (capolinea della ss 9) manca ancora una infinità di strada: c'è giusto il tempo in un baretto accanto al vecchio stadio (quello in centro città) di una Vecchia Romagna, un pezzo di focaccia farcita con coppa locale, e uno sguardo fuori alla Reggio immobile e come se nulla fosse; anche se ieri sera la città ha perso la finalissima scudetto di basket contro Sassari. Estate, caldo, afa, rassegnazione. E' come se tacitamente si respirasse la sconfitta sui volti delle persone. Pablo attacca bottone con un signore sui cinquant'anni, quello allarga le braccia e non sa darsi pace, hanno dominato le sette partite della serie finale, eppure il tricolore è finito in Sardegna, anzichè nella città che storicamente ne ha dato i natali. Non è successo niente, eppure. Eppure. Eppure la via Emilia prosegue, verso Modena, poi Bologna, poi Faenza, poi Rimini, poi la lunga statale Adriatica che domani, forse, ci porterà in Puglia.

    S.S. 9 IN ROMAGNA - Otto ore di viaggio per essere solo a Faenza. Nello stesso tempo in autostrada saremmo già arrivati a destinazione. In qualsiasi bar dove ci fermiamo lungo la s.s. 9 la gente ci domanda dove stiamo andando. “In Puglia!” risponde Pablo prima che prendo fiato io. “In Puglia? E che ci fate lungo la statale?” ci domanda la barista dietro il bancone di un bar all'ingresso di Modena. “Raggiungiamo la Puglia con la statale, niente autostrade!”. Tutti ci augurano buon viaggio con un sorriso. Il traffico con l'avvicinarsi di Bologna aumenta sempre di più. Il capoluogo emiliano è l'unico che tagliamo via con la tangenziale che praticamente percorre parallela alla A14. La via Emilia prosegue, mentre il sole alle nostre spalle cala lentamente su città, paesi, logistiche, campi, asfalto, catrame, camion, paesaggi surreali e strani. Obbligata la sosta a Faenza, nel solito baracchino che vende bicchieri di vino sangiovese a 70 cents. Era la nostra usuale tappa durante gli anni delle trasferte degli Alcooligans basket Pavia. In dieci anni il prezzo è cambiato solo di 10 centesimi, ma l'ambientazione rustica e ruspante per nulla. Mi accorgo che sono le nove di sera e non siamo neanche a metà strada. Ma non mi importa. Io non viaggio in autostrada. Io viaggio lungo strade statali, mi fermo nei paesi, entro nei bar, chiacchiero con le persone, ascolto racconti e conversazioni, ogni volta in inflessioni dialettali diverse, mentre il tempo passa, così come le auto, i ricordi, gli istanti, i minuti, le riflessioni, i sorsi di vino, di qualche sigaretta, il profumo di mare che si avvicina, l'estate iniziata da poco, la lunga strada per la Puglia ancora molto molto molto lunga.

    NOTTURNO ANCONETANO - La statale 16 costeggia la litoranea romagnola e marchigiana per parecchi chilometri prima di imbattersi nel promontorio del Conero. É notte fonda e io e Pablo vaghiamo sul PK alla ricerca del fantomatico agriturismo in zona Candia. Dopo rotonde, svincoli, zone industriali, una stretta stradina di campagna ci tuffa in un mondo incontaminato ed esotico. Sembra lontana chilometri e chilometri la caotica s.s. 16, eppure scorre solo dietro alle colline che avvolgono tutta questa oasi di buio, silenzio, pace. L'unica luce fioca all'ingresso del vecchio casolare illumina uno squadrato giardino da cui si ammira una delle tanti verdi valli che ci circondano. Gatti che zampettano e miagolano, grilli che cantano, rumori lontani e impercettibili di niente. Inevitabile che il pensiero non vada ad altre notti, quelle passate con Lei, a bordo di un'altra auto, a contemplare il tempo e a confutare le stelle sopra di noi. Quanto mi manchi, qua in questa cattedrale di benessere spiriturale nel bel mezzo del deserto chiamato vita, routine, tran-tran... Il serbatoio del PK è quasi a secco, domani dovremmo cercare un distributore prima di rimetterci in marcia, quando il viaggio proseguirà verso Sud, attraverso le città e i paesi rivieraschi di Abruzzo e Molise. Ovviamente in strada statale. Ma al nostro risveglio, credo dopo la più bella e riposante dormita degli ultimi anni, i miei occhi hanno una incredibile sorpresa. Il sole marchigiano del mattino mi mostra ciò che il buio della notte mi aveva impedito di vedere. La piccola località Candia, sulle alture dell'entroterra anconetano, é un meraviglioso squarcio paeasaggistico di colline, campi di girasole, stradine che si arrampicano verso casolari immersi in un verde incontaminato. Se penso che a pochi km da qua stavamo percorrendo la statale 16, quella della infernale movida del sabato sera della Riviera Romagnola, e ora sono qui in un posto dove il brusio del traffico stradale é solo un eco lontano e distante, mi rendo conto che è stato come passare da una bolgia dantesca a un paradiso sconosciuto e inesplorato... Paradisi che solo percorrendo strade statali (e non autostrade!) attraverso l'Italia si possono conoscere... ;-)

    S.S. 16 ADRIATICA - La statale 16 a sud di Ancona corre lontana dalla costa; il mare si riaffaccia solo nei pressi di Civitanova. Oltrepassiamo indenni un altro confine di provincia: il traffico scorre velocemente nonostante sia una calda domenica da spiaggia. A Lido di Fermo ci fermiamo in un piccolo baretto accanto a una stazione di servizio. Baristi e avventori sono simpaticissimi, ci servono da bere e racconti sull'Inter Club che gestiscono e che hanno tesserati fino a Terni. Conquistiamo le simpatie di tutti quando confessiamo di essere in viaggio per la Puglia da ieri e solo su strade statali. Salutiamo e ripartiamo a bordo del PK di Pablo. Giornata calda, asfalto bollente della 16, ma dai finestrini entra solo una piacevole e tonica brezza di mare. A San Benedetto del Tronto, frontiera fra Marche e Abruzzo, un giro turistico fra litoranea, le spiagge di Porto d'Ascoli, e l'imponente stadio soprannominato "il Tempio del Tifo", meritano una piccola perdita di tempo. La s.s. Adriatica non conosce in questa zona tangenziali o circonvallazioni e ogni paese o città viene interamente attraversata dal PK di Pablo. Dopo Giulianova, Roseto e Pineto, Pescara é la prima grande città dalle fattezze di vero capoluogo. Ideale spartiacque fra nord e sud, il suo passaggio fa cambiare completamente aspetto al paesaggio: dagli stabilimenti balneari si passa a spiagge brulle e scogliose, e lungo le strade si notano chioschetti, anziani che vendono frutta, alberi d'ulivo, baretti che offrono birra Peroni e inflessioni dialettali molto meridionali: la Puglia, chilometricamente ancora lontana, é più vicina di quel che sembra. Tant'è, che finalmente dopo Termoli, nei pressi di Marina di Chieuti accostiamo a bordo strada nei pressi del gigantesco cartello stradale "Compartimento della viabilità per la Puglia". Stavolta è più di un semplice confine interregionale, ma un vero e proprio varco ultradimensionale. Anche se a Barletta mancano ancora chilometri e ore di viaggio in Puglia ci siamo arrivati. Subito dopo il paesaggio cambia ancora più radicalmente che fra l'Abruzzo e il Molise. Gigantesche pale eoliche all'orizzonte, l'imponente promontorio del Gargano, e soprattutto un panorama che ricorda molto una freeway americana protesta per i lunghi states del leggendario cost-to-cost jackkeroukiano irrompono gli sfondi della statale 16. Sono le lande desolate e infinite di Poggio Imperiale, ingresso della regione Puglia a tutti gli effetti. La strada percorre gli ultimi chilometri ormai in inerzia totale. Ci fermiamo per l'ultima sosta in una stazione di servizio appena prima di Foggia. Birre Peroni da 0,33 a 1 euro, campi di pomodoro e terra bruciata, cani randagi, prostitute lungo i bordi della statale, e un piatto deserto di nulla a perdita di vista per km e km chiamato Tavoliere. Eccoci in Puglia, finalmente. Non posso dire che percorrere i neanche 800 km di strada che separano la provincia di Pavia con quella di Barletta-Andria-Trani, a bordo del PK di Pablo, schiacciando il pedale solo su carreggiate statali, e impiegandoci qualcosa come una ventina di ore (soste comprese) sia stato rilassante: al contrario, è stata un'esperienza estenuante, lunga, infinita, a tratti interminabile. Ma ne è valsa la pena: attraversare l'Italia cosi é tutta un'altra cosa, é cogliere appieno il senso del nostro Paese, delle nostre tradizioni e folklori. Ne sono certo, mentre ripartiamo per la meta finale, 50 km a sud di Foggia, e imbocchiamo la superstrada a quattro corsie e il sole sembra non voler tramontare alle nostre spalle. Sono stanco, distrutto, indosso gli stessi panni da due giorni, non mi faccio una doccia da venerdì sera, sono morto di sonno, ho i muscoli a pezzi, ma mi guardo intorno e mi rendo conto di essere in Puglia. Tutto il resto, che ci crediate o no, saranno giornate e serate in pieno relax, staccando la spina per un po' da tutto quello stress e quella routine che c'è in Lombardia. E non importa se tutto ciò da cui fuggo ogni volta resta sempre ad aspettarmi. Lasciamolo aspettare. Da stasera nella mia testa c'è spazio solo per giornate al mare e serate sotto questi meravigliosi cieli che solo la Puglia, in tutto il mondo che ho girato, riesce a possedere.

    BENVENUTI IN PUGLIA: LA CALIFORNIA D'ITALIA - Tre giorni di vacanza su un altro pianeta. Birre in bottiglia da 0,80 cents, panzerotti a 1 euro, spiagge e mare gratuiti, caldo, vento, relax, scogli, un libro di Athur Clarke, sigarette, Tavoliere, Nord-Barese, cielo pugliese, donne mediterranee bellissime, oceano di tranquilità, Gargano sullo sfondo, sole acceso sui campi aridi, l'Est Europa davanti a me, ricordi, viaggi, perchè, km e km di uliveti, verde, macchie, strade, paesi, città, notti che non vogliono finire mai, Barletta, lungomari estivi e rotture di coglioni lontani 800 chilometri.... Alma Dannata. Si chiama così l'immensa e desolata area compresa fra il Golfo di Manfredonia e la valle dell'Ofanto. Una distesa brulla, arida e deserta dove poche strade percorrono km di nulla all'orizzonte. Zone umide, saline, terra bruciata dal Sole, vento caldo, mare incontaminato e spiagge libere. Scenario alla "Non aprite quella porta": per minuti interi dopo Trinitapoli non si incontra anima viva lungo la s.p. 66 (e il nome é tutto un programma :-))), una lunga colata di asfalto in mezzo a terra gialla, verde e ocra. Appare Zapponeta, piccolo borgo fantasma alle tre di pomeriggio e sotto il solleone pugliese, dove incontrare il Bar Sport aperto é quasi un miraggio. Io e Pablo ordiniamo due Peroni da 66 pagandole 1,80 l'una (da noi costerebbero più del doppio...). Duecentometri dopo c é la spiaggia. Vuota, deserta, selvaggia, sabbia nera, e mare Adriatico troppo mosso per un bagno di inizio luglio. Sete, e non solo di birra, ma di viaggi e di terre come questa poco conosciute e lontane da quel fastidioso turismo di massa che stiamo accuratamente evitando da sabato. Tre giorni, purtroppo, passano in fretta, e ancora prima che ce ne accorgiamo è già ora di rimettere i bagagli sul PK e studiare il lungo itinerario di rientro.

    STATALE 17 - Ricomincia il viaggio di ritorno, verso nord e la pianura padana, ma percorrendo una direttrice interna, la statale 17 (l'omonima resa famosa della celebre canzone di Francesco Guccini, nda) che da Foggia risale il centro Italia fino a L'Aquila (passando per Isernia), Antrodoco, innesto con la via Salaria; poi si rilase con altre direttrici l'Umbria e la val Teverina fino ai confini con la Romagna. La prima sosta del PK di Pablo è in una stazione di servizio lungo la tangeziale di Foggia, in uno scenario arido e deserto. Terra bruciata attorno a noi e un caldo insopportabile che neppure una fresca birra in una aliena e piccola stazione di servizio riesce a sconfiggere del tutto. Sono le tre di un afoso pomeriggio di luglio, mi sembra di essere in viaggio da una vita, e i tre giorni di mare fra il viaggio di andata e questo inizio di ritorno sembrano già spensieratamente volati via. Un cartello indica 100 km a Campobasso. L'orizzonte è frastagliato dalle alture del sub-appenino Dauno, un paesaggio più lunare che terrestre, costellato solo di un desolante skyline a perdita d'occhio. La città di Foggia, dall'altra parte, sembra addormentata e perduta. Un viaggio esplorativo su un pianeta sconosciuto del sistema solare me lo immagino proprio così: caldo atroce, viveri che scarseggiano, orizzonte ignoto, ma tanta sete di avventura. Quella sì. Fino al confine pugliese la statale 17 prosegue in lande desolate e completamente deserte. I piccoli e pochi paesi distano chilometri e chilometri fra loro. In mezzo non incontriamo quasi anima viva, a parte gigantesche e scioccanti pale eoliche; il PK con a bordo me e Pablo sembra sfrecciare su un mondo deserto e inabitato. Il Lago di Occhitto (il più grande lago d'acqua dolce delle regione) è l'ultimo avamposto foggiano; subito oltre si entra nel territorio molisano e il paesaggio cambia un po', restando tuttavia sempre principalmente spoglio di grandi agglomerati urbani. Per raggiungere Campobasso dobbiamo abbandonare leggermente il percorso della s.s. 17, ma la deviazione ne vale la pena. La città sorge su una affasciante collina e il centro storico è un labirinto di viette che salgono e scendono in ogni direzione. In un bar nei pressi della stazione chiediamo a un giovane e gentile barman dove possiamo trovare lo stadio (essendo noi due vecchi incalliti ex-ultras siamo drogati di stadi, curve, storie di tifo locale, ecc.). E' parecchio fuori, ci dice versandoci una birra Peroni (2,50 euro: si comincia a sentire il primo scatto di 70 cents rispetto alla Puglia...), e noi ci arriviamo quasi per caso nonostante le indicazioni molto dettagliate. La strattura è deserta, immersa in una vallata da dove si ammira tutto un belvedere di colline molisane. In tutto l'impianto deserto e silenzioso c'è solo Antonio, un anziano dirigente, che ci fa entrare e osservare il campo dalle tribune centrali, intanto che ci racconta degli anni '80 in cui il Campobasso Calcio militava in serie B e faceva oltre ventimila spettatori sulle grigie gradinate, oggi per la maggior parte chiuse per problemi di inagibilità. Riprendiamo la s.s. 17 nei pressi di Bojano e ci avviamo verso Isernia, tappa successiva.

    APERISERNIA - Isernia e Campobasso sono separate da una quarantina di minuti lungo la s.s. 17. La strada è scorrevole e veloce, e la prima impressione della seconda cittadina molisana (per dimensioni e importanza) è che sia addirittura migliore del capoluogo. Piccolina, quadrata, semplice da girare, a misura d'uomo, ha un centro storico raccolto e caratterizzato da viette piccole, lastricate di bianco e locali di ogni genere. Una sosta in questa cittadina forse poco conosciuta è davvero consigliabile: si gira davvero in un paio d'ore, ma un aperitivo in piazza Celestino Quinto (bella e romanica anticamera del Corso principale che scende verso la città vecchio) è uno step rilassante e rinfrancante sul lungo intinerario degli assolati 340 km della s.s. 17 "dell'Appennino Abruzzese ed Appulo-Sannitica , che porterà me e Pablo, mio inseparabile compagno di questo viaggio, verso L'Aquila, nel cuore dell'Italia e dell'Abruzzo, tappa notturna di questo sud-nord attraverso strade e paesaggi inediti.

    STATALE 17 REPRISE - Dopo Isernia, la 17/var scavalca valli come un'astronave e taglia montagne come burro. Il paesaggio è morfologicamente contrassegnato da altopiani che scorrono via fra il subappenino molisano e i primi rilievi aquilani. A Castel di Sangro, infatti, si entra in terra abruzzese. Alture all'orizzonte, praterie e boschi, un altopiano esteso e sconfinato, e una lunga strada che corrre ornata da file di alberi fanno quasi sembrare di essere in una valle dell'alta Lombardia. Scendiamo verso una immensa vallata caratterizzata dallo sfondo di gigantesche montagne: è l'altura del Gran Sasso, che si eleva da terra come un gigantesco vulcano di svariate centinaia di metri. Sulmona è attraversata da una tangenziale esterna, mentre subito dopo l'incrocio con la s.s. 5 Tiburtina (la nobile via consiliare che collega Roma con Tivoli), la "17" incomincia ad arrampicarsi in maniera ripida. Stiamo scollinando la più grande catena montuosa della zona e il PK di Pablo per la prima volta in questo viaggio on-the-road nord-sud-nord fa più fatica del previsto: siamo costretti ad accostare almeno un paio di volte, stringere le dita, pregare i nostri dei apocrifi ed atei di non lasciarci appiedati; ma entrambe le volte il motore ci grazia e si riaccende dopo che Pablo invita a scendere sulla Terra madonne, parenti e quasi tutti i santi del calendario, non abbandonandoci sperduti in un mondo alieno, arido e ora anche buio. Dopo Popoli si apre l'enorme vallata che ospita le mille e passa luci de L'Aquila. Dietro di noi il gigantesco faro della Luna Piena, davanti il semi allineamento Giove-Venere, e sotto il firmamento del capoluogo abruzzese. La città sorge su una piccola altura, e girandoci attorno con una circonvallazione notiamo ancora, purtroppo, i resti assassini del terribile terremoto di sei anni fa. Palazzi vecchi, centro storico e macerie sono un mix, ahimè, terrificante di storia antica e recente. Dopo aver ragginto il B&B in zona stadio, usciamo per assaporaci l'aria fresca e serena de L'Aquila (so che nel frattemo la val Padana si appresta a passare l'ennesima notte boccheggiante e insonne, mentre qui devo sostituire i miei bermuda di viaggio con un paio di jeans lunghi ;-))) e magari una birra per dissetare oltre alla sete la malinconia di un viaggio che comunque sta volgendo al termine. Dal Cuore d'Italia.

    L'AQUILA - Sono passati sei anni da quel 6 aprile 2009 che causò la morte di 309 persone. Non so come era L'Aquila subito dopo, il famigeramo "Day After" l'ecatombe, ma so come è oggi, al mio primo passaggio in questa città. Palazzi vuoti, disabitati, fantasmi, bui, strade sbarrate, interi quartieri senza più vita, edifici puntellati, coperti, impalcati, transennati. Per centinaia di metri si passeggia accanto a case senza più vita. Nonostante la vita c'è, per le vie e le piazze de L'Aquila, locali di ogni genere attirano fino a notte fonda di un giovedì estivo ragazzi/e, movida, musica dal vivo, musica all'aperto, divertimento. Nei volti e nei sorrisi della gente che si incontra per le vie del centro sembra sia tutto a posto: si beve, si balla, si ride, si scherza. Eppure tutto attorno c'è il vuoto, il silenzio, l'orrore. Lavori in corso, ristrutturazioni eterne, sono passati sei anni, si vedono ancora edifici pericolanti, crepe nei muri, nei pilastri che sostengono portici, una volta ricchi forse di negozi, oggi spenti, e che offrono vetrine di esercizi che non esercitano più. L'Aquila a due facce: quella di oggi che vuole tirare l'alba con ingenua spensieratezza; l'altra del ricordo funebre, di morte, agghiacciante, di una notte che fu la notte di tutte le notti. Fuori da "La Bottiglieria Lo Zio", emblematico pub che delimita l'ingresso alla zona dei pub, io e Pablo conosciamo Elvis: è un ragazzo universitario che vive sulla costa, ma che studia nel capoluogo abruzzese. Senza che glielo chiediamo ci parla lui di quei tempi di sangue, morte e macerie. L'inferno alle 3:32 di una notte di primavera. L'orrore, l'angoscia, la paura, 65 mila sfollati, molti dei quali accampati ancora oggi fuori città in "abitazioni provvisorie", gli aiuti che arrivarono, vero, ma solo il primo anno, molti che si fecero pubblicità, onore, grandi, poi stop, basta, silenzio, il Terremoto de L'Aquila passato di moda e di notizia, scavalcato da notizie di politica interna, estera, sport, Berlusconi, Renzi, chiacchiere del giorno d'oggi. In piazza Chiarino, cuore pulsante de L'Aquila un po' alternativa e popular, si spilla birra artigianale Ambra da una parte, dall'altra i cantieri di una nota impresa edile (la stessa che ha l'appalto per le costruzioni in Val di Susa nei cantieri della T.A.V., curiosa coincidenza "all'italiana"); un capannello di gente fuori per strada raggomitolata sotto pochi lampioni, più in là quartieri fantasmi inghiottiti nell'oscurità e nell'oblio più assoluto. Verso il Centro, oltre impalcature e strade barricate, disco-pub più "fighetti", forse. Locali di serie A e di serie B in qualsiasi altra città d'Italia e del Mondo, ma non qui a L'Aquila, credetemi: qui dove regna l'allegria e la baldoria, ma sullo sfondo di ferite ancora aperte e sanguinanti, le facce e le tipologie di avventori sono tutte uguali.

    VIA SALARIA - Lasciamo L'Aquila poco dopo le 11 di mattina, alla disperata ricerca di un distributore di gpl. Le indicazioni che chiediamo ai passati sono un po' contradditorie e vaghiamo sul PK di Pablo attorno alla zona ospedaliera prima di trovarlo casualmente. Rimbocchiamo la s.s. 17, ormai protesa nel suo tratto finale verso il confine con il Lazio. Lo scenario cambia radicalmente: l'altopiano aquilano si trasforma in una vallata di alte colline e la statale compie vorticose curve. Il paesaggio, tuttavia, ricorda molto una nordica val Trebbia o val Staffora. Ad Antrodoco, piccola e graziosa cittadina antichissima, arroccata su un fianco di una montagnetta, la "17" trova il suo capolinea immettendosi sulla Via Salaria, la statale un tempo di primaria importanza che collega Roma con Ascoli Piceno. Obbligata una tappa al Bar Trattoria "Salara", dove la ultra-ottantenne e arzilla signora Elena (con un buffo grembiulino con sopra ricamato: "Elena la Regina della Cucina" :-))) ci offre una Peroni e tanta simpatia. Raggiungiamo Rieti, famosa città ducale (un cartello turistico all'uscita dalla tangeziale ricorda che Rieti è il "Centro di Italia"), posta in mezzo ad una cappa di umidità allucinante. Ha un bel lungo fiume, un centro storico raccolto e caratteristico, ma il clima è decisamente insopportabile per poterci soffermare di più. Si prosegue, verso Nord, l'umbra Terni dista solo 35 km, e la veloce superstrada ce li fa percorrere in un batter di ciglio. Anche qui il clima è torrido e afoso, il centro da via Cavour a via Plebiscito lo giriamo in pochissimo tempo. Non c'è nessuno giro, vista l'ora bar e ristorandi sono chiusi, così ci intrufoliam in un baretto lungo l'asse principale. Mi sfamo delle ultime cose rimaste nel bancone (tramezzini, pizzette, micro-panini) e dissetandomi dell'onnipresente, da Foggia a qui in Umbria, birra Peroni. Il viaggio prosegue sulla superstrada E45 Terni-Cesena-Ravenna, ma prima di lasciare la città non possiamo non fare un giro turistico nei paraggi del mitico stadio "Liberati", il tempio della Ternata Calcio e dei "Freak Brothers", gli ultras rossoverdi più famosi d'Italia. Struttura ovale e con secondo e terzo anello completamente sopraelevati. Impianto più unico che raro, e covo di uno dei tifi più caldi e sanguigni di tutta la penisola.

    SUPERSTRADA E45 - Superstrada a doppia careggiata, classificata come 3bis "Tiberina", collega l'Umbria con Cesena e poi Ravenna, passando anche per l'entroterra toscano. Risaliamo la Val Teverina, siamo in centritalia ma solo per la carta geografica. Caldo, umidità, paesaggi circostanti, ma soprattutto prezzi dei viveri in una stazione di servizio nei paraggi di Gubbio stanno già dando l'anticamera di quella val Padana alla quale manca solo un'ora e mezza di strada. Troppa malinconia rituffarsi subito nel texas italiano. I cartelli direzionali indicano Ravenna. Oltre il Polesine e la Camargue Italiana. Il Sud é un lontano ricordo lasciato dietro le statali 17, Salaria, Ternana e più chi ne ha ne metta. Necessaria una tappa nel Nord-Est delle foci e delle mie "Badlands along Po River" prima di rifarmi ammanettare dalla schiavitù chiamata routine.

    VIA ROMEA - Attraversati gli Appenini romagnoli si apre l'umida e afosa pianura Padana. A Cesena ultimo pieno di gpl, poi la E45 tira dritto verso Ravenna, dove sopraggiungiamo al calar del sole. L'incrocio con la s.s. 16 è un po' malinconico: osservando la vecchia strada "Adriatica" è già nostalgia della dorsale che scende giù verso la Puglia, così Pablo schiaccia sul PK e ci buttiamo sulla "Romea" (Ravenna-Venezia), direzione Polesine e Delta Padano. Evito digressioni e rimando alle mie avventure etichettate "Badlands Along Po River" passate e prossime per la descrizione di questa meravigliosa terra di valli d'acqua, lagune, e zone umide a cavallo della foce del fiume Po. Arriviamo a Porto Tolle in piena notte. Al Lido Jamaica, sulla spiaggia di Barricata (una delle pochissime spiagge praticamente alla foce del fiume più lungo d'Italia) suonano gli Ska-J, gruppo mestrese nato dalle ceneri dei più noti Pitura Freska. Nonostante il "live" sia per pochi intimi, la location è decisamente affascinante e i chiometri di strade, superstrade e deviazioni per passare di qua ne sono valsi la pena. Il mare Adriatico è una tavola piatta, sul mare sovrasta una bellissima luna piena e il piccolo chiosco è immerso in una pace quasi indescrivibile. Ordino due panini e una birra mentre in sottofondo incomincia a partire una irriverente musica ska-jazz con testi in dialetto veneziano. Ci siamo: tappa finale di questo antologico on-the-road "adriatico", che non poteva non concludersi che sul (mio) Delta Padano..... E' l'1:00 di mattina quando la musica cessa e bisogna riprendere la strada del rientro: ritorno attraverso s.p. Transpolesana e la s.s.10 in notturna, passando per Rovigo, Mantova, Cremona, Pavia, poi finalmente casa.

    STATALE 10 VERSO CASA - Sono le sei di mattina quando il PK di Pablo mi scarica davanti a casa mia. Ci abbiamo messo cinque ore per attraversare tutta la val Padana e risalire il fiume Po dalle foci di Porto Tolle. Nel buio i fari del motore del possente mezzo bianco hanno illuminato una notte che sembrava non volesse finire mai. Invece, dopo aver passato Mantova (unica sosta breve per un caffè al mc donald's, unico locale aperto sulla s.s. Padana Inferiore) e Cremona il sole timidamente è incominciato a sorgere alle nostre spalle. Agli svincoli delle tangenziali di Pavia anche l'ultima irredentista parte di me ha dovuto arrendersi alla triste realtà di essere tornati a casa e che l'odiessea stradale in giro per l'Italia è arrivata all'epilogo. Chilometri, strade, città. Ne abbiamo passate di ogni. Siamo stati via solo una settimana, eppure mi sembra sia passato un mese. Castelletto al nostro arrivo è ancora addormentato su sè stesso. Saracinesche chiuse, poche auto parcheggiate ai bordi delle strade e nessuno in giro per la via principale del paese... Non che durante altre ore diurne sia più vivace... però è come se fosse a primo acchitto diventato più piccolo; ancora di più. Ogni viaggio, ogni esperienza, ogni ritorno hanno sempre questo effetto: lo rimpiccioliscono sempre di più. Temo davvero che un giorno sarà talmente piccolo e ridotto a un granello di sabbia che mi scivolerà via dalle mani. Magari per sempre. Dicono che viaggiare apra la mente e allarghi gli orizzonti. Ma ci sono modi e modi di viaggiare. C'è quello più semplice e scontato di spostarsi lungo una linea retta da un punto all'altro di una mappa geografica. Ma c'è anche quello, invece, che attraversa i posti, la gente, i racconti, le storie, le strade di questa terra che ci circonda. Io amo questo tipo di viaggio, per poter vedere, ascoltare e raccontare tutto quello che c'è da riportare. Buongiorno Italia. FINE.

Review the complete topic (launches new window)