MIRKO CONFALONIERA


Replying to ROAD TO ISTANBUL

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  1. Posted 15/10/2023, 10:46
    TURCHIA-ISTANBUL-Vista-sullo-stretto-AdobeStock_87164019-scaled

    1 - Sono passati 9 anni da quella notte a Salonicco, durante quell’altro viaggio verso Istanbul di allora. Ma la luna nel cielo di Smirne, pardon, Cesma (letteralmente: "fontana"), piccola località balneare a 80 km dal capoluogo, è la stessa di allora. Parole e voci nella testa, ma dal tono calmo come il mar Egeo, che resta lì immobile senza onde, come un gigantesco lago salato. Volti di donne, diverse e lontane, nel tempo e nello spazio, pensieri in lingua italiana, l’unica che sento da quando sono arrivato in Turchia due giorni fa. Mi piace viaggiare da solo in questa parte di mondo anche per questo. Si zittisce la cacofonia di urla, suoni, schiamazzi, brusii e torni a essere soltanto uno sconosciuto che cammina in mezzo a tanti sconosciuti. Libertà.
    Antalya. Sud della Turchia. Un caldo afoso e umido nonostante siamo alla fine di settembre. Il taxi che mi porta verso l’hotel in centro città ha i finestrini alzati e l’aria condizionata sparata a mille. Fuori lo smog del traffico intenso delle cinque pomeridiane lungo le superstrade e le circonvallazioni che attenagliano la metropoli di 2 milioni di abitanti rendono il calore ancora più insopportabile. Non male per uno come me che odia le stagioni calde più di ogni altra cosa presente in tutto l’universo conosciuto.
    Il mare mi salverà.
    In realtà il centro cittadina sorge su un altro sperone roccioso, e il tanto agognato mare resta là sotto, giù dall’alta scogliera che si ammira dalle ringhiere dell’Ozcan Parki, piccolo e microscopico polmoncino verde in mezzo a palazzi e grattacieli che svettano verso l’alto fra il catrame e le strade di Antalya. Bella la vista sul porticciolo e sulla spiaggetta rocciosa di Mermerli, ma se voglio concedermi il primo bagno in mare di questa vacanza di fine settembre devo raggiungere la Konyaalti Plaj, una spiaggia che si trova nella parte occidentale della città e che si estende per 13 km di lunghezza. Molti siti di turismo la definiscono una delle spiagge più belle di tutta la Turchia. D’altronde le foto viste su internet non lasciavano alcun dubbio. Prendo un taxi, efficiente ed economico mezzo di trasporto per spostarsi in Oriente. Soprattutto nelle grandi città le vetture gialle pullalano a ogni incrocio, sfrecciano per ogni via o restano semplicemente parcheggiate ai bordi delle strade in attesa che qualcuno ci salga sopra. Per andare alla Konyaalti, che è parecchio fuori dal centro, pago qualcosa come 5 euro, calcolate al cambio della premunita lira turca. Arrivo quasi al tramonto, nella prima parte da dove iniziano praticamente i 13 km di riviera. La spiaggia è composta principalmente da sassi e ciottoli fini, ma presenta anche un po' di sabbia. L'acqua è meravigliosamente limpida e cristallina. La rinfrescata con il sole al tramonto e ormai sceso dietro le alte alture del Tauro, e la luna quasi piena che si innalza sullo sperone che sembra sorreggere la città vecchia di Antalya sullo sfondo è da cartolina di altri tempi.
    Di sera, passeggiando per Anafartalar caddesi, un elegante via pericentrica adobbata di negozi, minimarket, rosticcerie e quant’altro, mi accorgo quasi subito che non c’è traccia di alcolici. Il ragazzo che mi serve gentilmente un ottimo piatto turco a base di carne di ovino, verdure speziate e pane arabo mi dice che è possibile bere solo in alcuni “clup” (club). Ce n’è uno subito dall’altra parte della strada, tutto addobbato di lucine rosse e foto di ragazze mozzafiato che fanno subito intendere che tipo di club sia… Peccato che l’ingresso sia sorvegliato da tre tizi altri e grossi come gli armadi di casa mia e che a me, acconciato in maniera perennemente casual (capelli lunghi e spettinati, beretto portato all’indietro, orecchini, tatuaggi, t-shirt da serata in birreria con amici e pantaloncini corti da educazione fisica), non mi farebbero entrare neppure come zerbino d’ingresso. L’altra alternativa sono i piccoli mini-market aperti 24h, che vendono un po’ di tutto, dalle sigarette, agli alimentari, e a bottiglie di birre e superalcolici: te li mettono dentro sacchetti scuri e te li puoi solo portare in camera d’albergo per sbronzarti allegramente tutta notte da solo. Ottimo programma, magari se fosse in bella compagnia di qualche bella ragazza turca, soprattutto delle poche che sfilano per Anafartalar senza veli e anzi mostrando le grazie che la madrenatura d’Oriente ha regalato loro…
    No, non mi va.
    Mi manca il classico baraccio, di cui mi innamoro sempre, dove entro, mi siedo, ordino una birra, fumo una sigaretta, e faccio passare il tempo a combattere contro una notte calda e appiccicosa. Nel sud del Paese vigono ancora rigidi precetti islamici: niente alcool. Cammino un po’, incrociando i tanti e simpaticissimi gatti che abitano in questa città ad ogni angolo di via: sono tutti molto socievoli, si lasciano avvicinare e accarezzare. Compreso quello che staziona sempre davanti all’ingresso del mio M-Oda Otel. Meglio dormirci sopra, anche perché martedì è stata una giornata piena.
    Iniziata, con una abbondante colazione turca al Teras Café Bilardo, un locale all’aperto che si affaccia sulla scogliera che dà direttamente sul piccolo e raccolto porticciolo. Mi portano un vassoio pieno di ogni cosa, da carne a verdure a uova sode, che condivido per forza di cose con una masnada di gatti randagi che attratti dall’odore di cibo mi circondano e mi stringono d’assedio per tutto il tempo. Mi reincammino attraversando il Mehmetcik Park e il Tophane Parki, dove inizia praticamente il vero centro storico e dove c’è una grande statua di un uomo a cavallo a fianco di un pennone sulla quale sventola orgogliosamente la bandiera turca. Da qui inizia il bellissimo dedalo di viette piccole e strette dell’Old Bazaar, un labirinto di botteghe e negozi che vendono di ogni cosa, dall’artigianato locale, a cibi, spezie, indumenti, tappeti, ecc.. E’ bello smarrirsi in quest’atmosfera di altri tempi e soffermarsi ogni tanto ad ammirare una vetrina oppure le tante chincaglierie esposte. Le stradine in discesa finiscono dritte al porto, una circola struttura dove sono ormeggiati dai pescherecci, ai battelli che offrono mini-escursioni al largo della città a rifacimenti perfetti di navi pirata che sembrano uscite da film o da libri di Salgari. Giro tutto attorno e mi dirigo verso il porto canale meridionale, che separa dalla spiaggetta del Mermerli Plaj. Come detto, in realtà si tratta di scogli e rocce che danno direttamente sul mare, e l’unico lido attrezzato prende posizione su una piattaforma leggermente sollevata. Ombrelloni e sedie a sdraio ricoprono tutto lo spazio accessibile. La limpidezza dell’acqua di un mare cristallino e dai colori da favola permette, tuttavia, anche di spostarsi un po’, lungo gli scogli del porto canale. Così facendomi strada fra passanti, curiosi e pescatori appoggio lo zaino nei pressi del piccolo faro alla punta e mi concedo una mattinata di refrigerio nella chiare acque del Mediterraneo orientale.
    Dopo mezzogiorno ritorno su alla città vecchia, riattraversando il porticciolo nello stesso momento in cui dalla torre della piccola moschea di Iskele Camii parte l’adhan, la chiamata islamica alla preghiera, cantata dal Muezzin.
    "Allahu Akbar /
    Ashadu an la ilah illa Allah /
    Ashadu anna Muhammadan Rasul Allah"
    (traduz.: “suvvia alla salvezza spiriturale! (due volte) Allah è grande! (4 volte) Non v’è alcun Dio al di fuori di Allah! (2 volte)).
    In tempi come i nostri, dove spaventano molto le religioni e le culture diverse dal nostro vivere quotidiano, è comunque difficile restare indifferenti all’atmosfera mistica che si crea ogni qual volta i Muezzin dall’alto dei minareti delle moschee fanno partire queste preghiere in forma cantata.
    Pomeriggio in un lido alla Konyaalti Plaj, siturato a circa metà della sua lunghissima spiaggia, dove scopro che gli stabilmenti balneari almeno in questa parte di Turchia sono un po’ esclusivi, nel senso che non sono accessibili a tutti (la maggior parte dei turchi affolla le spiagge libere attorno), nonostante i prezzi decisamente irrisori per noi turisti (un ombrellone e due lettini a due passi dal bagnoasciuga a 150 lire turche – qualcosa come 5 euro). Serata, invece, dopo solita cena in un ristorante turco (i kebapp e i piatti turchi che mangiamo in Italia non hanno nulla a che fare…), trascorsa freneticamente fra le viuzze dell’Old Bazaar (quello sito in centro storico) per cercare un paio di souvenirs da portare in Italia. Troverò quello che cerco, ma solo dopo un girovagare assurdo e l’ennesima sudata della giornata.
    Oggi, infine, è stato un giorno dedicato quasi esclusivamente al viaggio da Antalya (sud) a Cesme, piccola cittadina a ovest di Smirne (Truchia occidentale). Uno spostamento di quasi 700 km, dal mar Mediterraneo al mar Egeo, non seguendo la costa ma attraversando le parti più selvagge e interne della penisola anatolica. Il mio bus diretto Antalya – Cesme, in realtà, è stato cancellato ieri pomeriggio grazie a un simpatico SMS arrivatomi dalla compagnia Kamil Koc, che senza troppe spiegazioni mi diceva (tradotto dal turco): “Gentile cliente, la informiamo che la sua corsa di domani per Cesme è stata annullata. Le auguriamo giorni di buona salute”.
    Grazie per l’augurio, ma grazie anche al caxxo: come ci vado a Smirne?
    Fortunatamente gli spostamenti in Turchia sono molto semplici da programmare via internet, per cui sono bastati pochi passi sul sito Flixbus, per riprenotare una corsa da Antalya (con partenza alle 7:00 di mattina) per Smirne. E poi per percorrere gli ultimi 80 km a Cesme, non ho trovato nulla e mi sono affidato a un caro vecchio modo di dire qui della zona: “Insciallah!” (se Allah lo vuole…).
    Gli Otogar sono grosse autostazioni dei bus, che però sorgono tutte fuori dai centri urbani. Quindi stamattina sveglia a un orario inumano, taxi preso praticamente al volo quasi buttandomi in mezzo alla strada e quasi facendomi stirare, e transfer di una bella ventina di minuti nella periferia estrema nord-orientale della città in mezzo a svincoli della tangenziale esterna. Ho dormito pareccho tempo, ogni tanto mi svegliavo e facevo qualche foto al paesaggio brullo esterno. Abbiamo incrociato acquazzoni e zone a temperature decisamente più basse dei 30 gradi rivieraschi, fatto soste in alcune città lungo il viaggio, dove scendevano e salivano persone in continuazione. Ci hanno fermato a tre posti di blocco, perché qua in Turchia funziona così, che fermano anche i pullman di linea, un poliziotto della Jendarme sale a bordo e controlla ogni documento di identità (io per tre volte ho esibito il mio passaporto). Ero l’unico occidentale a bordo, almeno fino a Denizli, dove è salito un gruppetto di ragazzi/e spagnoli. Siamo arrivati a Smirne puntuali alle 15:50, nonostante il fitto traffico incontrato da Aydin, la fermata appena precedente. Nel giro di pochi minuti e grazie a rapide informazioni allo sportello partiva una corsa per Cesme. Praticamente sono arrivato di corsa al marciapiede 141, ho pagato all’autista 160 lire turche, sono salito a bordo e siamo partiti. Nonostante mancavano solo 80 km il viaggio fino a Cesme è durato un eternità. Lunghe code sulla tangenziale esterna, almeno fino a quando non abbiamo superato le ultime propaggini della metropoli e siamo usciti dal golfo in direzione ovest. Qualche fermata, qualche sosta, insomma a Cesme siamo arrivati un’ora e mezza dopo, e anche qui dall’Otogar che sorge fuori città al centro prendi un taxi, corri in albergo, molla tutto in stanza, corri alla spiaggia più vicina, la carinissima Boyalik Plaj.
    Ci arrivo stremato e ormai quasi al tramonto, ma l’impatto è bellissimo. Il mare è una tavola piatta tipo lago, l’acqua è di un azzurro cristallino da favola. Quasi non si muova una sola onda sulla piccola spiaggetta sabbiosa. Lo sfondo è caratterizzato dalle montagne del promontorio di Cesme e dall’isola di Bandirma. Mi butto in acqua dopo essermi spogliato rapidamente. Il fondale è soffice e sabbioso e bisogna camminare un bel po’ prima di trovare l’acqua alta. Ci sono pochissimi bagnanti, per lo più ragazzotti che se ne stanno in riva al mare a godersi la frescura del tramonto. Tutto attorno villette estive, alberghi e solo più avanti le luci delle discoteche e dei locali del centro di Cesme. A un certo punto da una moschea lì vicino parte la preghiera del tramonto. Ecco, in quel momento in cui sono completamente immerso in un mare paradisiaco, pieno di pace e di tranquillità, con il canto del muezzin in sottofondo avverto finalmente quel senso di benessere che cercavo da troppo tempo immerso nel fango del caos occidentale.
    E che l’Oriente, come sempre, ha saputo darmi.

    2 - Riflessioni di viaggio: come sono i Turchi?
    Il Kimizi Pub di Cesme si aggiudica l'ingresso nella lista ufficiale dei miei "Worst East European Pub" (peggiori baracci dell'Est, in senso lato). Sono bar che trovo quasi telepaticamente in ogni viaggio, dove basta entrare e per certe atmosfere mi fanno sentire a casa. Non sono sempre bettole o pub "popolari", sono più locali con i quali si instaura subito un non so che di familiare e di complicità. Tra l'altro il Kimizi ha prezzi leggermente superiori alla media, ma la gestione giovanile, la location della zona del porto e le luci soffuse fra tavoli e bancone non hanno lasciato molti dubbi alla mia ricerca.
    A Cesme sto trascorrendo due giorni tranquilli. Nella giornata di oggi, giovedì, quarto giorno di viaggio, ho raggiunto due spiagge che sorgono nella zona nord di questa piccola penisola sulla quale sorge la città. Sorgono a 6 km dal centro cittadino, quindi è stato necessario prendere un taxi per arrivare in zona. La prima, vista stamattina, è la Kocakari Plaj, un’ampia spiaggia che crea un bel golfo fra il lungomare del quartiere e una zona verde e incontaminata. Ho trovato più bella, tuttavia, la successiva, ovvero la Palmiye Plaj, che anche se più piccola e raccolta in un lungomare urbanizzato, offre un mare molto più bello e cristallino. Siamo sul Mar Egeo, in un tratto di mare compreso fra l’isola di Chio e l’estremità della penisola di Smirne.
    In questi giorni in alcuni (più di uno) mi state chiedendo come sono i turchi e come mi trattano. Beh, spiace sempre un po' dirlo ma il fatto che siano turchi (o albanesi, rumeni, russi, ecc.) e non taluni italiani potrebbe già dare una buona risposta... La giusta cordialità è di casa, nella norma. L'altra sera ad Antalya un ragazzotto sui trent'anni che lavorava in uno di quei minimarket H24 che vendono un po' di tutto, e dove sono entrato a comprare un pacchetto di sigarette, mi ha chiesto in inglese di dove fossi.
    "Italy!"
    "Aaah, Italia! Spaghetti e Mafia!" e giù a ridere.
    Ho accompagnato la risata annuendo.
    D'altronde non è mica la prima volta che mi capitano scene di questo tipo. Purtroppo i nostri stereotipi sono arrivati sempre prima di me ovunque.
    "Italia: Berlusconi, mafia e signorine buonasera" dettomi anni fa da un poliziotto di dogana alla frontiera fra Georgia e Armenia.
    "Sei italiano e perché vieni in Albania a fare le vacanze? Trasporti droga? Perquisiamo auto!" al porto di Valona prima di imbarcarmi per Brindisi.
    "Italiani! Italiani! Scendere e controllare documenti e bagagli!" alla frontiera fra Albania e Macedonia del Nord (unici due perquisiti su un pulmino di linea con a bordo una trentina di passeggeri, di ogni nazionalità, anche europee).
    Noi siamo questi nel mondo o almeno in questa parte di mondo. Esportatori di mafia e di delinquenza. Almeno siamo questo cliché. Ma sicuramente non siamo un popolo che può sentirsi superiore a nessun altro.
    È vero che ho scritto che spesso il mio look mi fa un po' confondere con i popoli dell'Est, soprattutto quando una decina d'anni or sono riuscivo a dire due o tre frasi di senso compiuto in lingua rumena senza sbagliare parole, declinazioni e generi. Ma alla fine che sono italico un po' viene sempre fuori. Eppure mi hanno sempre trattato se non bene con una tranquilla indifferenza. Anzi, in un paio di casi, in Romania e in Russia, emeriti sconosciuti sono addirittura accorsi in aiuto nel semplice momento di avermi visto in difficoltà. Da sincera commozione.
    E noi occidentali come siamo? Abbiamo ancora questa umanità da qualche parte? Io credo che sia questo che dovremmo chiederci prima di sapere come sono turchi, albanesi, rumeni, ecc...
    Per concludere, i turchi, quelli incrociati finora, mi sembrano brava gente. Chissà se anche noi italiani lo siamo: cliché turchi cattivi contro italiani mafiosi. Chi ha ragione allora?

    3 - Il mio primo viaggio a Istanbul fu alcuni anni fa, esattamente nel 2014. Io e Anthony, un mio compagno di viaggio di vecchia data, atterrammo con un volo di linea a Tirana, e dopo un paio di giorni nella capitale albanese decidemmo di raggiungere la città turca attraversando la parte meridionale dei Balcani. Quello fu un viaggio sicuramente più avventuroso, partiti senza prenotare alcuno spostamento, ma basandoci di volta in volta sulle possibilità che c’erano. Così, trovammo un pullmino da dieci posti che ci portò a Skopje, in Macedonia, poi, dopo due giorni, un pulmino di linea che andava a Salonicco, e da lì finalmente il bus notturno per Istanbul. La Grecia all’epoca stava vivendo una profonda crisi economica, le ferrovie erano ferme da anni e trovare informazioni su internet prima di partire fu pressoché impossibile.
    Il viaggio di questi giorni, invece, l’ho pianificato e organizzato tutto on line, così da facilitare gli spostamenti, e gli eventuali “piani B” in caso di cancellazione delle corse, come nel caso dell’altro giorno, ma il tutto è avvenuto tramite tempestiva comunicazione. Da qualche anno la compagnia Flixbus è sbarcata anche in Turchia, anche se non opera direttamente ma si appoggia alla locale Kamil Koch, un’azienda di trasporto pubblico che sulla penisola antalica opera da un secolo.
    Per percorrere i quasi 650 km di distanza da Cesme a Istanbul ci impieghiamo praticamente tutto il giorno. L’unico bus giornaliero diretto verso la città del nord al confine con l’Europa parte alle 11:00 di mattina, e arriva a destinazione alle otto di sera. Percorre un itinerario “interno”, dapprima in direzione di Bursa, città settentrionale adagiata sul bacino del Mare di Marmara, e poi tutto il lungocosta rimanente fino allo stretto del Bosforo, quando appare così quasi dal nulla Istanbul, una megalopoli di 15 milioni di abitanti. Sospesa fra due continenti, e fra passato futuro. Enormi grattacieli futuristici, tangenziali, superstrade, moschee, palazzi antichi e un formicaio di esseri umani in perenne movimento. Dall'autostazione di Dudullu, parte asiatica, prendo un taxi e attraverso l'intera città per recarmi dall'altra parte, sulla zolla europea. Un lungo tunnel che passa sotto il Mar di Marmara, che separa e tiene insieme un non luogo del quale è difficile cogliere ogni infinito aspetto. L'imponente Moschea Blu, le viette dei vari centri, spegnere il navigatore sul cellulare e lasciarsi smarrire fra le mille atmosfere e sensazioni di una notte di luna piena sul Bosforo. Un chai bevuto seduto fuori da una bottega che vende di tutto, gatti randagi, persone che vanno, donne col velo, qualcuna col burqa. E poi scoprire il lungomare pieno di luci all'orizzonte. Questo solo assaggio di Istanbul s'è meritato l'intero viaggio, dall'Italia a qui, dal Sud al Nord della Turchia, attraverso le sue sfaccettature, i suoi mari, la sua gente, la sua storia. Il mio viaggio finisce idealmente qui, sul lungomare di Emononu, in un venerdì sera che non ha voglia di dormire, confutando la vita passata, quella che passa e quella che verrà. Ero già stato a Istanbul nel 2014 per alcuni giorni, e restarci solo una notte mi ha dato le stesse suggestioni di allora. Ero alla ricerca di qualcosa che riempisse un po' i vuoti, i pensieri, la stancante routine di sempre. E l'Oriente, come sempre, non è stato da meno. Come sempre. In queste sere ad ammirare una luna piena su Smirne o le stelle sul mare di Antalya tanti pensieri affollavano la mia mente. Ora è finalmente sgombra, qui, davanti a questa meravigliosa bellezza del creato e dell'uomo. Che infinita nostalgia....

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